
Appunti, pensieri non ancora del tutto formalizzati, suggestioni, ipotesi di discussione a partire dagli spettacoli visti. Una forma aperta, non saggistica, un racconto per frammenti ospitato una volta alla settimana, una scrittura quasi in presa diretta per provare a testimoniare la complessità e diversità delle proposte teatrali del presente.
Da diversi anni il circuito multidisciplinare della Puglia, rinominato Puglia Culture, organizza uno “showcase” delle produzioni teatrali della regione, invitando operatori nazionali, internazionali e la stampa. Nella presente edizione abbiamo avuto la possibilità di collaborare al progetto curando i lavori di un Osservatorio delle giovani generazioni. Lo Showcase è un’iniziativa unica in Italia, permette di fare il punto delle produzioni recenti e di mostrarle ad addetti ai lavori e spettatori, con il grande merito di ricreare frammenti di comunità che il sistema teatrale disincentiva.
La recentissima edizione è stata organizzata fra Cisternino e Martina Franca, convocando momenti di discussione in collaborazione con l’Università di Bari, ospitando spettacoli e concerti nei teatri e soprattutto negli spazi dell’anfiteatro di Carlo Formigoni, maestro recentemente scomparso che ha alimentato le visioni di molti, la cui eredità è ora in mano al Teatro delle Forche. Così i trulli di Formigoni, la sua “sala prove”, i tavoli all’aperto sono stati conosciuti da un pubblico largo, sostenendo l’idea che non di soli spettacoli consiste il teatro, se si riesce a alimentarlo negli incontri, nella trasmissione, nei discorsi, nei convivi.
Auguriamo dunque un fervido futuro al Puglia Showcase, evidenziando il suo potenziale ruolo di ritrovo per artisti e artiste anche se non programmati; così come ci si augura che la progettualità del teatro di Carlo Formigoni, ora riunita sotto il nuovo nome dei festival O Ciel Lucente, diventi un riferimento nazionale per artisti e comunità teatrali, ritagliandosi una voce peculiare capace di preservare ma anche rilanciare l’eredità del suo fondatore.
La terza parte della nostra corrispondenza pugliese, a testimonianza di una regione dove convivono proposte delle istituzioni e rassegne indipendenti, si spinge fino al Salento, fino al festival Fiorire è il fine dell’Associazione Cracalia. Una realtà nata da pochi anni che anima gli inverni e le estati del paese noto per la Taranta, proponendo laboratori e spettacoli in quella “terra del rimorso” da cui è più facile partire che scegliere di restare: un progetto vitale, da seguire e sostenere.
Quasi all’antica italiana. Il Grande Spavento di Principio Attivo Teatro
Principio Attivo Teatro è una compagnia che potremmo definire “quasi all’antica italiana”. La loro è una poetica unica in Italia, sostenuta da attori e attrici che lavorano insieme da decenni, mettendo in scena un repertorio che spazia delle creazioni d’ensemble ai monologhi, dal teatro di parola a proposte performative, dal teatro per ragazzi agli spettacoli per adulti o tout public.
Il Grande spavento ha la struttura di una sit-com teatrale: una decina di scene brevi si alternano inframezzate da un tema musicale e separate dalla dissolvenza al buio. La scrittura di Valentina Diana, che spesso firma i testi del gruppo, la regia di Giuseppe Semeraro, la recitazione di attrici e attori (qui Dario Cadei, Silvia Lodi, Otto Marco Mercante, Cristina Mileti, Giuseppe Semeraro) danno forma a personaggi feriti, talvolta segnati dal trauma oppure più semplicemente deboli, un’umanità che non regge il passo delle richieste di prestazione quotidiane.
C’è una donna agiata che ha ottenuto tutto dalla vita, cambia d’abito a ogni dissolvenza ma qualcosa nella sua vita si è inceppato, col marito il sesso non funziona e altre voragini si sono aperte; c’è un sedicente ricercatore un po’ toccato, gilet e camicia a scacchi, eloquio forbito e facilità a indulgere in elucubrazioni sulla materia oscura; c’è una donna devota, che ha perso il marito e ricerca un senso nel divino, nel dialogo con Gesù che trova più “alla mano” di Dio; ci sono infine un mediatore immobiliare, con l’ossessione di un cane in fin di vita, compunto nell’abbigliamento e apparentemente rigido nelle emozioni e un agente turistico dalla risata facile e sguaiata, sorta di fool che rivela qualche nocciolo di senso sotto la superficie delle battute (il ricercatore vive con la zia, «come Paperino» gli ribatte l’agente, a Paperopoli infatti «non ci sono genitori ma solo zie e zii», un po’ come nella società di oggi, vien fatto di pensare…).
Tutti loro sono nella stanza comune di un centro di terapia olistica: ognuno ha la sua pianta, le sedute consistono in sessioni in cui si cercano connessioni e risonanze interiori mediate dai vegetali, finanche orgasmi, posizionandosi in cerchio dietro un cilindro di plasticona trasparente. I dialoghi sono veloci, venati quell’ingenua sagacia che si solleva dalla tristezza, e così a suon di paradossi finiamo per affezionarci a personaggi che nella sintesi del realismo ricordando certe scritture sudamericane (Claudio Tolcachir o Rafael Spregelburd), nonostante talvolta gli stereotipi fabbricati siamo troppo prevedibili, come per esempio la vita della donna agiata che deve scegliere se avere in regalo la cura olistica o un abbattitore. La regia opera per levando peso, i dialoghi hanno giusto il tempo di depositarsi per essere subito soffiati via da altre parole, sul confine tra maschera e personaggio, fra “tipo” e approfondimento interiore, quasi all’antica italiana appunto. Il fondale si colora interamente per sbalzare le silhouettes di figure che, come talvolta accade di pensare per le nostre vite, si muovono come marionette dentro a binari prefissati, alla ricerca di una pienezza che appena colta sfugge.
Lorenzo Donati

Due voci per una. Verba Manent. Canto per Ennio De Giorgi di Ura Teatro
Siamo in Valle d’Itria, nella dimora di Carlo Formigoni, a cui è dedicato il Puglia Showcase 2025, e ci apprestiamo ad ascoltare la storia di un uomo che ha lasciato il segno negli studi della matematica. Non lo dimenticheremo facilmente. Verba Manent. Canto per Ennio De Giorgi è una narrazione ironica e appassionata di Fabrizio Pugliese e Fabrizio Saccomanno di Ura Teatro, che invitano gli spettatori ad assistere al loro processo creativo. Dialogano animatamente attorno a un tavolo traboccante di libri e fogli sciolti, il materiale accumulato per arrivare a ricostruire la biografia del matematico leccese, il suo pensiero e soprattutto la sua grande umanità.“La scienza senza sapienza è nulla”, è il leitmotiv dello spettacolo. I due narratori si pongono domande sulla messinscena e quando sembrano abbastanza d’accordo sul da farsi (non accade quasi mai e le gag che ne derivano sono esilaranti!) cominciano a provare.
Noi spettatori insieme a loro, ma attraverso un personalissimo lavoro interno, assembliamo i frammenti di questo racconto che a poco a poco prende corpo (e voce). E intanto la musica, invocata all’occorrenza dai narratori e riprodotta dal vivo dal violoncello di Marco Schiavone, come un filo invisibile cuce insieme i brani di vita narrata. Sebbene raccontato a due voci, Ennio Di Giorgi si palesa con chiarezza davanti a noi, nient’affatto frammentato, per tutto il tempo con la stessa apparenza: la dolcezza, il tic alla spalla, le parole che inciampano, forse una vena malinconica. Lo vediamo vivere, morire e continuare a vivere. La magia della narrazione. Saccomanno e Puglisi si equilibrano perfettamente, l’uno il maestro d’orchestra, eccellente tenace narratore dal segno inconfondibile, l’altro l’abilissima spalla che si lascia brillantemente condurre. Due voci per raccontarne una, complessa e inafferrabile.
Nella Califano

Al confine fra la Finlandia e il Salento. Di lupi ti scrivo di Faber Teater
Ancora confusa e intorpidita dall’inevitabile jet lag che mi travolge ogni volta che il treno raggiunge l’estremo capolinea delle ferrovie italiane, mi ritrovo a Melpignano, località Pineta Longa; è qui che si tiene il secondo appuntamento della rassegna Fiorire è il fine, a cura di Cracalia ETS.
Sono le 18: l’aria è secca, afosa e le cicale cantano fortissimo. Su questo sottofondo intenso, le artiste di Faber Teater ci guidano nel reading itinerante Di lupi ti scrivo: un racconto immaginario e suggestivo che ha attraversato i cammini in salita tra le vette piemontesi e per la prima volta scende nella piana interminabile del Sud del Sud dei Santi. La narrazione segue un carteggio dolce e avventuroso tra una nonna, Virginia – insegnante di antropologia, acciaccata dall’età ma ancora lucida e arguta – e sua nipote, Lu, fotografa naturalista disposta a tutto pur di osservare e immortalare un branco di lupi. Tra confidenze intime, frammenti di viaggio e nozioni scientifiche, attraverso la passione delle due donne scopriamo qualcosa in più sulla figura del lupo: l’inatteso inquilino che, da qualche anno, è sfuggito ai confini delle più celebri fiabe e dai territori esotici e remoti per tornare a popolare le campagne incolte del Salento.Uno scambio che si alimenta reciprocamente attorno a questa figura ambivalente, ignobile predatrice e animale guida; Lu che avidamente scava nei racconti ancestrali della nonna e quest’ultima che fa scorta di paesaggi attraverso gli occhi e le gambe ancora agili della nipote. È un dialogo sospeso nel tempo, un gioco di complicità, di vecchie filastrocche di cui ci si è scordati la morale, di canzoni e fatti di cronaca, di prove scientifiche inamovibili e simbologie antiche.
Così i racconti di una terra fredda e lontanissima, al confine tra la Finlandia e la Russia, si scontrano e, inaspettatamente, trovano il modo di incastrarsi perfettamente con il caldo, le cicale, il sottobosco della pineta di Melpignano, con lo strano sapore che sento oggi in bocca e con questo torpore che mi travolge. È un carteggio che somiglia all’estate: segnata da distanze e da esistenze che scorrono con cadenze sfasate. Cartoline da posti sconosciuti e lontanissimi che arrivano con ritardi non calcolabili. Il ritmo lento della posta che, come quello dell’estate, dilata i tempi, lascia domande sospese senza risposta, scardina gli ordini e ci insegna il lusso dell’attesa.
Maura De Benedetto

Gli spettacoli
Il grande spavento di Valentina Diana, regia Giuseppe Semeraro con Dario Cadei, Silvia Lodi, Otto Marco Mercante, Cristina Mileti, Giuseppe Semeraro; disegno luci e musiche Vincenzo Dipierro; produzione Principio Attivo Teatro
Verba Manent. Canto per Ennio De Giorgi, di e con Fabrizio Pugliese e Fabrizio Saccomanno; musiche di e con Marco Schiavone; tecnica: Graziano Giannuzzi; in coproduzione con Dipartimento Matematica dell’Università di Pisa, Scuola Normale Superiore, UMI Unione Matematica Italiana e con la collaborazione di Università del Salento
Di lupi ti scrivo di e con Paola Bordignon e Lucia Giordano; una creazione di Faber Teater; evento in collaborazione con HIC SUNT LUPI
L'autore
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.


