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Un bel dì vedremo. La “Butterfly” per bambini di Kinkaleri

di Altre Velocità

“Questa è una storia ambientata nel lontano oriente, in Giappone”. Butterfly è uno spettacolo per bambini in cui la protagonista, la soprano YanmeiYang, canta alcune arie della Butterflydi Giacomo Puccini. Il canto si alterna alla danza di Marco Mazzoni che, attraverso le maschere, interpreta gli altri personaggi dell’opera. Sul palcoscenico, a terra, il performer di Kinkaleri attacca strisce di scotch e disegna la casa di Pinkerton, il tenente americano, e di Butterfly, la giovane geisha giapponese.
La messinscena di Kinkaleri è essenziale, i segni che definiscono lo spazio sono realizzati con lo scotch, che è usato come strumento per disegnare. Ma bastano poche linee per avere una trasformazione significativa che suscita molta attenzione da parte del pubblico di bambini. La casa dei protagonisti è fatta di linee di nastro carta, la superficie del palco è nera ed è ripresa con una videocamera dall’alto. In scena si assiste a una doppia danza: una è strisciante, composta da figure che a terra sembrano marionette stese, l’altra, proiettata  sul fondale, trasforma i corpi in figure verticali. I piccoli spettatori si appassionano da subito alla dinamica dello spettacolo: osservano la costruzione della scena, partecipano quando vengono chiamati a interagire, rimangono incantati davanti al canto delle arie dolorose e intense dell’opera.
Pinkerton sposa Butterfly e la porta nella casa preparata per loro, si muovono sulla scena, girano per le stanze fatte di linee di scotch a terra. Il tenente americano porta in scena una palla a specchi riflettente da festa e uno stereo anni ottanta che poggia in terra sulle linee che rappresentano il tavolo e inizia a danzare con la sua giovane sposa giapponese una canzone rock and roll. I bambini nel pubblico apprezzano e dondolano a tempo. La danza, raccontata come spensierata, è già premonitrice del dolore che verrà: subito dopo lo scambio degli anelli Butterfly è rinnegata dai parenti. È l’inizio della sua solitudine.
Dopo un ultimo bacio tra Pinkerton e Butterfly la scena si chiude, ma non è un semplice cambio di scena, quando dopo il buio compare di nuovo la protagonista dell’opera sono passati tre anni: lo straniero se n’è andato. Butterfly è abbandonata e, con pochi soldi e con la sua domestica Suzuki, aspetta il ritorno dello sfacciato tenente americano. È animata da un’incrollabile fiducia che colpisce per pervicacia: spera ogni giorno nel ritorno di Pinkerton, ripete con insistenza “Lui tornerà”, ma di Pinkerton non ci sono notizie.
Il marito le aveva promesso che sarebbe tornato, l’aveva rassicurata dicendole che quando i pettirossi avrebbero fatto di nuovo il nido lui sarebbe stato da lei. La promessa non è stata mantenuta, la giovane sposa abbandonata continua a domandare a se stessa, e al console americano che è andato a trovarla, “quando i pettirossi fanno il nido in America?”.
Butterfly non vuole sentirselo dire, è chiusa nel suo canto straziante, in una maschera con un lieve sorriso che copre una cocciuta e sorda disperazione. È cosi impermeabile alle notizie portate dal console che genera nello spettatore un riso amaro.

A questo punto dello spettacolo Kinkaleri apre l’opera alla relazione con i bambini. Marco Mazzoni esce di scena, sceglie un bambino nel pubblico e gli chiede di andare ad annunciare a Butterfly l’arrivo di una lettera di Pinkerton. Il bambino prova in ogni modo, e con un impegno che rende la scena magnetica, a dare la notizia:  Pinkerton è tornato in Giappone con la sua moglie americana.
Kinkaleri gioca con lo spettatore bambino e lo fa con innocente crudeltà, brillante è l’ingaggio con il pubblico: Butterfly è davvero sola – anche i bambini sono ambasciatori di dolore – continua a non capire, ma sullo sfondo compare la sagoma della nave americana. Come preannunciato nell’opera “Un bel dì vedremo levarsi un fil di fumo sull’estremo confine del mare”.
Mazzoni costruisce con lo scotch a terra la scenografia per l’ultima scena: i bambini hanno capito e interpretano i segni di un linguaggio che ormai conoscono. Sul fondale iniziano a comparire le prime linee: i bambini nel pubblico giocano con Kinkaleri e, sommessamente, suggeriscono, provano a indovinare, buttano qualche idea su cosa possa diventare il disegno una volta terminato: “un arcobaleno? sono nuvole? una casa? una vela?”. Poi sarà un albero, una strada, un ponte, le montagne del Giappone.
La tragedia è ancora in atto, la crudeltà di Pinkerton non ha finito di dispiegarsi: vuole riprendersi il figlio nato dall’unione con la giovane moglie giapponese e manda il console. È troppo. Butterfly dice a Suzuki “allora tutto è finito. Vogliono tutto di me. A me non resta che morire”.
Butterfly, una sagoma nera su sfondo rosso, si trafigge con la spada. Kinkaleri ha messo in scena la morte in forma di illustrazione; i bambini seguono la storia, ne capiscono la verità e la ferocia, ne capiscono qualcosa in più. Senza didattica e con il teatro: un’opera fatta di danza, di scotch, di ombre.

di Nicola Ruganti

foto di Jacopo Jenna

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