
Appunti, pensieri non ancora del tutto formalizzati, suggestioni, ipotesi di discussione a partire dagli spettacoli visti. Una forma aperta, non saggistica, un racconto per frammenti ospitato una volta alla settimana, una scrittura quasi in presa diretta per provare a testimoniare la complessità e diversità delle proposte teatrali del presente.
Equilibri periferici. Respire di Cie Circoncentrique
Ogni estate, da quasi vent’anni, il paesaggio della Val Colvera ospita e accoglie Brocante, festival internazionale di circo contemporaneo, per quattro giornate di magia, sotto lo sguardo severo e la protezione delle vette dolomitiche che la circondano. Il progetto nasce come tentativo di decentrarsi rispetto ai principali circuiti di produzione e fruizione settoriale, alla ricerca di spazi alternativi che possano permettere una diversa modalità di esplorazione e sperimentazione artistica. Un desiderio che ha saputo incontrare la curiosità della comunità locale, permettendo un radicamento e un continuo e condiviso germogliare.
La presenza del pubblico dipende infatti da una attiva ricerca di partecipazione, e non da una casuale possibilità di incontro: il progetto itinerante richiede lo spostamento tra le località e i borghi della zona, spesso attraversabili o raggiungibili camminando insieme verso piazze o prati pubblici o privati, che ospiteranno gli appuntamenti della rassegna, a loro volta presentati e raccontati per accompagnarne e agevolarne la fruizione.
Camminiamo sulla salita alle porte di Casasola, fino a raggiungere un piazzale che ospiterà Respire, della compagnia italo francese Circoncentrique. Lo spettacolo viene presentato attraverso il racconto della sua storia, che lo riporta in questa cornice in seguito a numerosi viaggi e repliche: sviluppato in questo stesso contesto, trasformando la dimensione musicale in una improvvisazione sulla dinamica scenica, e presentato presso gli spazi del Circolo Operaio di Poffabro, tra i centri di riferimento della storia del festival.
La scenografia è spoglia: sullo sfondo di un telo chiaro, poche lampade di varie dimensioni accompagnano le ombre e i movimenti dei due artisti in scena, in un gioco sempre in cerca di nuovi equilibri. Si fa gradualmente percepita una dimensione di sospensione e sogno che vede alternarsi luce e buio, inspiro ed espiro, tensione e rilascio tra i corpi che si rapportano tra loro e gli oggetti in scena: palline da giocoleria, una sfera di equilibrio, infine una ruota. Il pianoforte conferisce alle gestualità le atmosfere di un film muto, accompagnate da ironia e forte espressività. Un gioco di equilibri che assume la forma di una danza concentrica, di pieni e di vuoti, pesi e contrappesi, armonie e sbilanciamenti.
Petra Cosentino Spadoni

Il fine giustifica l’apparenza. “Anfitrione” di Emilio Solfrizzi
Lo spettacolo diviso in due atti inizia con il dio Mercurio (Cristiano Dessì) che anticipa al pubblico una parte della trama: il generale tebano Anfitrione (Ivano Falco) è in guerra contro i teleboi ed è sposato con Alcmena (Viviana Altieri), la quale aspetta un figlio da lui. Giove (Giancarlo Ratti), rapito dalla bellezza di Alcmena, riesce a giacere con lei assumendo le sembianze del marito, mentre Mercurio, sotto le vesti dello schiavo di Anfitrione Sosia, interpretato da Emilio Solfrizzi, fa la guardia fuori dalla porta di casa per aiutare il padre a soddisfare il suo desiderio. Appena ritornato dalla guerra, Sosia incontra proprio Mercurio, il quale non solo gli rivela di essere lui il vero Sosia, ma riesce a dimostrare la propria tesi rispondendo correttamente a domande che soltanto lo schiavo poteva conoscere. Il dio riesce a confondere il servo di Anfitrione, il quale arriva persino a negare la propria identità. Giove, stanchissimo dopo la notte con Alcmena, regala a quest’ultima, prima di ripartire all’alba, la coppa dorata in cui beveva Pterelao, re battuto da Anfitrione durante la guerra; tuttavia il padre degli dèi appare un po’ goffo nella finzione, tanto da farsi suggerire le battute da Mercurio, tipico esempio di teatro nel teatro. Il vero Anfitrione considera una scempiaggine la testimonianza di Sosia circa la presenza di un altro schiavo uguale a lui, chiedendo al suo servitore se fosse ubriaco al momento dell’accadimento.
Appena tornato a casa Anfitrione non riceve l’accoglienza che si aspettava da Alcmena, la quale afferma di averlo visto ripartire all’alba e di aver appena amoreggiato con lui. Non conoscendo l’inganno abilmente orchestrato da Giove, Anfitrione accusa la moglie di pazzia e di adulterio, anche se lei si difende affermando di essere in possesso della coppa d’oro vinta in battaglia, che secondo il marito si trova invece nel suo cofanetto. In una parodia latina del programma televisivo Affari tuoi, ribattezzato da Sosia Negotium Tuum, Anfitrione scopre che il trofeo non è più nella cassetta. Nel secondo atto, mentre Giove riesce a dormire un’altra notte con Alcmena, Mercurio caccia dalla casa Anfitrione con lo stesso metodo utilizzato con Sosia, rivelandogli che egli non è colui che crede d’essere. Nel frattempo Sosia, tornato dal porto con il timoniere Blefarone (Rosario Coppolino), scopre la clamorosa presenza di due Anfitrioni, senza tuttavia riconoscere quello vero. Anfitrione, completamente stordito dalla situazione, decide di entrare in casa e di uccidere tutti, prima di essere colpito da un fulmine, che gli impedisce di compiere l’atto. Dopo essersi risvegliato, Anfitrione si fa raccontare il parto di Alcmena dalla serva Bromia (Beatrice Coppolino), la quale annuncia che sua moglie ha partorito due gemelli: il primo, Ercole, il quale è riuscito a strangolare due grossi serpenti, è figlio di Giove, mentre il secondo è il vero figlio di Anfitrione. Il neonato prende il nome dallo schiavo di famiglia, diventando il primo Sosia nato libero. Nel finale appare anche Ercole in mutande e a petto nudo con due giganti serpenti peluche.
Sia la scenografia che il vestiario degli attori, caratterizzato da toghe e coturni, tipici calzari romani, ricercano il contatto con l’antichità. Lo sfondo è simile ad una Schenè greco-romana del teatro, con due balconi ai lati e una porta al centro da cui entrano in scena gli attori; il resto dello spazio è riempito da riproduzioni di capitelli corinzi e colonne. Gli attori tramite l’allestimento scenico descritto entrano in scena in più modi, sia tramite la porta principale, sia da dietro o dai lati del palco, cosa che permette una varietà nei movimenti comici. La musica di Michele Marmo ha il ruolo di riprodurre verosimilmente la messa in scena dell’originale, dato che Plauto accompagnava le sue commedie con delle musiche ad oggi andate perdute. La parte più innovativa dello spettacolo è il testo riadattato dallo stesso Solfrizzi, che aggiunge elementi più contemporanei, come l’inserimento di citazioni dalla commedia di Eduardo De Filippo Filomena Marturano, o richiami scenici al Re Leone nella sequenza in cui Anfitrione alza al cielo suo figlio. Le gag, la mimica facciale dei personaggi, i richiami al pubblico e il conseguente abbattimento della quarta parete coinvolgono ancora di più gli spettatori nella risata.
La rappresentazione mette in luce molte questioni affrontate dalla letteratura greco-latina, che vanno dall’onnipotenza capricciosa degli Dei alla crisi d’identità simboleggiata dalla maschera teatrale. Il nocciolo che però interessa di più lo spettatore odierno è rappresentato dal comportamento di Giove, che dimostra che per vincere nel quotidiano non è necessaria la morale, ma la finzione astuta. Giove, con l’aiuto del Dio dei ladri Mercurio, riesce nel suo intento scandaloso proprio perché ha dimostrato la propria capacità nel sapersi approfittare delle circostanze, nel sapersi camuffare correttamente senza scrupoli. Ancora oggi nella società attuale persone di qualsiasi estrazione riescono a ottenere ciò che vogliono tramite stratagemmi che impediscono agli altri di accorgersi di truffe, furti e di inganni di ogni tipo. Nei discorsi trionfa la persuasione, non il contenuto effettivo, mentre per fare successo conta di più il pragmatismo che non il rispetto dei codici morali. Tutto questo però non è tragico, è solo uno dei tanti ambigui paradossi della vita. Nella vita non vince chi è, ma chi vuole essere.
Michelangelo Suma

Gli spettacoli
Respire, Cie Circoncentrique; di e con Alessandro Maida e Maxime Pythoud; musica originale Lea Petra; amministrazione: Marilia Vono; distribuzione: Cécile Imbernon.
Anfitrione di Plauto; con Simone Colombari, Sergio Basile, Rosario Coppolino e con Viviana Altieri, Cristiano Dessì, Beatrice Coppolino; scene Fabiana Di Marco; luci Mirko Oteri; costumi Alessandra Benaduce; regia Emilio Solfrizzi
L'autore
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.


