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Teatro La Ribalta – Kunst der Vielfalt: un focus

di Altre Velocità

Jim Morrison scriveva: “Mind sets limits, heart breaks them”, la mente pone dei limiti, il cuore li spezza. I ragazzi e le ragazze del “Teatro la Ribalta – Kunst der Vielfalt” di Bolzano lo sanno molto bene. Una compagnia inusuale che coniuga dieci attori e attrici professionisti in condizione di “disagio psichico” accomunati dall’amore per il teatro e un’esplosività prorompente sul palco. Nasce come cooperativa sociale ma ha l’obiettivo di eliminare termini come “diversità” e “handicap” mostrando al mondo la bellezza delle proprie interpretazioni, in un limbo impalpabile tra corpo attoriale e personaggio rappresentato, magistralmente dirette da Antonio Viganò: regista, autore, scenografo e docente formatosi alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano e all’Ecole Jacques Lecoq di Parigi, già direttore ospite della prima compagnia europea del genere, la francese “Oiseau Mouche”.
L’intento non è pedagogico, bensì, come per ogni altra compagnia teatrale, cogliere l’essenza dell’arte, sfuggevole all’occhio umano, reinterpretando testi originali che creino un’alchimia straordinaria tra attore e spettatore, specchiandosi più volte in turbamenti e gioie del quotidiano, sempre con volti diversi. Per questi ragazzi il teatro si configura come spazio di crescita sociale, ma soprattutto professionale, sottolineando con forza l’autenticità individuale, attoriale più che personale. Ma è soprattutto una necessità di mettersi in gioco, sperimentare, amare, esplorando i linguaggi del teatro ed emancipandosi con forza dal luogo comune dei “diversi”. “Diversi da chi?” È questo che si chiedono i “ragazzi della Ribalta”, lavorando per realizzare ogni nuova identità, che il palco offre loro, con sincera autenticità. D’altronde sono semplici uomini e donne che si riuniscono in una sala prove, studiano, lavorano e condivido le proprie esperienze al devoto servizio del teatro.
Grazie anche alle collaborazioni con le danzatrici e coreografe, Carolyn Carlson e Julie Anne Stanzak, Antonio Viganò entra a contatto con la danza. Per capire che tipo di arte del movimento ha influenzato, e tutt’ora influenza la compagnia, dobbiamo ricordare la storia di queste due eccezionali artiste: Carolyn Carlson si forma alla scuola di Alwin Nikolais entrando a far parte della sua compagnia di New York e imparando la sua pedagogia. Uno stile, il suo, fortemente votato alla filosofia e alla spiritualità tanto da sostituire al termine “coreografia” quello di “poesia visiva”. Creatrice di più di cento coreografie ha coronato la sua carriera con il primo Leone d’oro assegnato ad una coreografa, durante la Biennale di Venezia del 2006. Julie Anne Stanzak, invece, è stata performer storica del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch e oggi lavora come coreografa per diversi palchi d’Europa, tra cui proprio quello del “Teatro la Ribalta”. Il corpo teatrale, allora, si fonde con la danza in cui la compagnia trova espressione e linguaggio per animare il cuore degli spettatori, letteralmente rapiti dall’energie messe in scena.
Manifesto poetico per eccellenza è lo spettacolo Il ballo indagatore dell’appartenenza dell’uomo al teatro della vita, maschera di abitudini radicate, su un palco limitato da barriere mentali e fisiche. I protagonisti, le donne, gli uomini, ognuno di noi dovrà farsi spazio nel caos del mondo gridando la propria autenticità, espressione del proprio essere e non del mero dover essere: insomma un gioco umano, un elogio alla vulnerabilità degli esseri umani, tutti uguali, di fronte alle difficoltà di un palcoscenico che è metafora della vita nella sua interezza.

Un gioco, sì, ma tra uomo e angelo è quello di Ali, altra pièce indagatrice del rapporto con la sofferenza e l’amore. Un angelo caduto, senza ali, si trova a metà tra l’essere infinito e l’essere finito, potente e perdente, sovrumano o umano, tutto o niente, niente o tutto. Un viaggio dello spettatore nella propria coscienza, identificandosi a volte con l’angelo a volte con l’uomo, lungi da uno sguardo compassionevole sugli attori.
In Otello Circus, il tema si impregna di gelosia e sangue in un circo di anime vittime di femminicidio che ornano danzanti le gesta di un Otello, costretto a rappresentare la propria tragedia in compagnia di acrobati, lanciatori di coltelli, equilibristi, inservienti e domatori rimaneggiati dall’Opera di Verdi e da Shakespeare (Desdemona, Jago, Cassio, Roderigo ed Emilia), come a ricordarci che l’amore che uccide è contro natura.
Insomma, grandi aspettative per una compagnia che nulla ha da invidiare alle altre, che ripudia l’occhio indulgente e spinge i propri personaggi, le loro emozioni e sensazioni sino alla ribalta, perché il pubblico possa toccarle con mano.
A Bologna in occasione del progetto, a cura di Cristina Valenti, “Corpi eretici. Il teatro di Antonio Viganò”, in collaborazione con ERT- Emilia-Romagna Teatro Fondazione dal 31 gennaio al 27 marzo 2020 al Teatro Arena del Sole e al DAMSLab/Teatro, sono andate in scena tutte e tre le opere citate (Otello Circus: venerdì 31 Gennaio alle 21:00 e il 1 febbraio alle 19:30 al Teatro Arena del Sole, Il ballo: mercoledì 12 febbraio ore 21:00 al DAMSLab, e Ali: martedì 18 febbraio alle ore 21 al DAMSLab) integrative di un laboratorio (“Il corpo abitato”: da martedì 24 a venerdì 27 marzo DAMSLab) e una tavola rotonda (“La malattia che cura il teatro”: venerdì 27 marzo DAMSLab dalle 15:00 alle 18:00).

Roberto Romano

(foto di copertina di Luca Del Pia)

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