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Scuole di teatro in rete. Una discussione sul presente e il futuro dei giovani attori 

di Altre Velocità

Cosa rende professionale una scuola di teatro? L’Italia permette di professionalizzare la figura dell’attore con il suo sistema normativo? Questi interrogativi hanno bisogno di risposte immediate, sia per fare in modo che l’offerta formativa qualifichi la figura dell’artista e sia, in generale, per dare la possibilità al nostro paese di crescere dal punto di vista delle arti. L’Accademia Teatrale Veneta, fondata nel 2007 e rappresentata dal presidente Manuela Massini e dal direttore artistico Renato Gatto, si fa portavoce dei problemi organizzativi e amministrativi delle scuole di teatro cercando di coinvolgere altri istituti o accademie italiane di formazione professionale per attori. Così è stato organizzato un primo incontro, Scuole di teatro in rete, che si è svolto venerdì 25 settembre a Venezia alla Fondazione Giorgio Cini (Centro studi per la Ricerca Documentale sul Teatro e il Melodramma Europeo) moderato dal fondatore di ateatro.it Oliviero Ponte di Pino. A scorrere l’elenco delle realtà che hanno aderito emerge già un panorama italiano credibile di chi opera nel campo della formazione dell’attore. Vale la pena citarli dunque per esteso. Erano presenti a Venezia Antonia Chiodi e Tommaso Amadio dell’Accademia dei Filodrammatici; Lorenzo Salveti dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico; Claudio De Maglio della Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe; Massimo Navone, Monica Gattini Bernabò della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano; Claudio Longhi e Marisa Villa di Emilia Romagna Teatro Fondazione; Lorenzo Barello della Fondazione del Teatro Stabile di Torino; Gabriele Guagni, Francesca Martini, Pierpaolo Pacini, Laura Bardazzi e Raffaello Gaggio della Fondazione Teatro della Toscana; Claudia Busi della Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone; Anna Laura Messeri del Teatro Stabile di Genova; Angelo Tabaro del Teatro Stabile del Veneto.

La discussione è partita dagli aspetti più tecnici e si è concentrata anche sulle normative ministeriali. In particolare è stata stilata una griglia, punto di riferimento di tutto l’incontro, in grado di far riflettere su alcuni parametri base. Cosa distingue le scuole professionali da quelle amatoriali? Per rispondere a tale domanda i rappresentanti sono partiti dalla didattica, in particolare è stato deciso che le scuole o le accademie devono proporre un programma di almeno 2500 ore (a prescindere dalla tempistica dell’offerta formativa che in questi casi varia da due a tre anni) e che il numero dei docenti fissi (considerati tali se possiedono almeno 30 ore di insegnamento) debba andare da un minimo di 8 a un massimo di 10 e debba essere proporzionale a quello dei partecipanti al corso. Il riconoscimento della professionalità delle scuole deve inoltre tenere conto del profilo storico, mentre la possibilità che le scuole rilascino un titolo riconosciuto dalle istituzioni esaudirebbe le richieste degli studenti che si affacciano nel mondo del lavoro. Il dibattito però non si riduce allo sterile elenco di numeri e regole, è importante anche ascoltare la propria identità affinché si configuri un sistema di offerte formative diversificate e che possano rispecchiare le molteplici tendenze artistiche.

L’obiettivo principale di questo primo incontro ci sembra raggiunto nel momento in cui si continuerà un confronto, mentre negli intenti degli organizzatori si prende come modello l’École des école, rete europea di scuole teatrali: si ambisce a far nascere un’associazione che tuteli gli aspiranti artisti durante e dopo gli studi e che curi i rapporti con le istituzioni e le realtà internazionali. Significativa è anche la risposta del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che, pur non presente a Venezia, si è detto aperto ad ascoltare queste voci, interessato a leggere un resoconto; nella fattispecie si è deciso di redigere un verbale dell’incontro che conterrà anche le firme delle scuole aderenti al progetto. Nel corso della giornata è stata discussa inoltre la missiva di Gianfranco Isernia, presidente del Centro internazionale La Cometa di Roma (esperienza che non rientra nei requisiti minimi richiesti alle scuole di formazione professionale). Isernia, raccontando la sua esperienza con AFAM e MIUR per ottenere la possibilità di rilasciare il diploma accademico di primo livello equipollente alla laurea breve (unica a consegnarlo è l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico), ha posto l’attenzione sui rapporti con le istituzioni proponendo «di esercitare una pressione comune affinché consentano di fare domanda con chiarezza e a parità di condizioni». Mentre Claudio Longhi ha tenuto a sottolineare che «Questa è un’occasione storica, l’ultimo decreto ha creato dei problemi e questo convegno ne è la prova. Dobbiamo giocare d’anticipo, mettere dei paletti che possano tutelare il futuro del teatro».

È ancora troppo presto per capire la risonanza di tale iniziativa, è solo un primo passo verso un cambiamento che può diventare tangibile. Come dice Ponte di Pino in chiusura: «Oggi le scuole cercano di dirci che non vogliono essere considerate come amatoriali. Il primo destinatario del progetto è lo studente che deve avere la possibilità di scegliere dei percorsi professionali». Nel prossimo incontro la rete di scuole si darà un nome per definire la propria identità, discuterà del futuro del teatro italiano, di scambi culturali con le accademie estere e su come incentivare il lavoro per i neodiplomati. Sembra che un rinnovamento sia possibile. Non possiamo far altro che attendere e auspicare che questa iniziativa sia un punto da cui partire.

di Alessandra Corsini

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