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Scrittura e polifonia. La redazione incontra Maurizio Cardillo

di Altre Velocità

«La mia presentazione è che sono impegnato in un mio percorso di ricerca sull’arte dello scrivere e dell’essere in scena»

Lo scorso 22 aprile l’attore indipendente Maurizio Cardillo è stato ospite del laboratorio di giornalismo e critica teatrale Bologna Teatri. La sua formazione parla chiaro: si è laureato al DAMS di Bologna con una tesi in Metodologia della critica dello spettacolo su Vitaliano Brancati («ma l’attore – spiega – non deve essere per forza un critico, credo nell’integrazione dei percorsi») e si è diplomato alla scuola di teatro Galante Garrone. Alla domanda “Cosa chiede un attore alla critica?” Cardillo non si è limitato a dare una risposta improvvisata, ma ha anticipato un brillante suo vademecum a punti (che poi ha destinato alla redazione e che potete trovare qui) in cui cerca un dialogo con il critico di professione chiedendogli, tramite lo strumento della scrittura, di realizzare sette suoi desideri. Qui solo un accenno al primo “comandamento”, e cioè che il critico deve riuscire nell’impresa di rivelare qualcosa di uno spettacolo che sia ignoto persino allo stesso attore. È ciò che Maurizio ha raccontato di aver provato, leggendo tre recensioni riferite al suo recente spettacolo Il sadico del villaggio.
Dopo un’esperienza giovanile da comico televisivo su Mediaset negli anni ’80, l’attore si è dedicato assiduamente alla recitazione teatrale, soprattutto in Emilia Romagna. Pur non avendo mai fatto parte stabilmente di una compagnia, Cardillo ha indicato la stagione 2006/2007 come una svolta importante nella sua carriera. In quel periodo è nata l’importante collaborazione, tutt’ora in corso, con la compagnia romagnola Le belle bandiere, seguita poi da tante altre (Agorà di Elena di Gioia, la Società dei Concerti di Parma eccetera). Un cambiamento anche nella ricerca artistica di Cardillo, poiché da allora ha firmato diversi spettacoli, portando in scena sue ossessioni letterarie e confrontandosi con testi di grande spessore; pensiamo alle opere Il male oscuro e La deriva, ispirate dall’amore per Giuseppe Berto, o a Il sadico del villaggio, un omaggio alla poliedricità di Marcello Marchesi. Una voglia di “letterarietà” teatrale che non si è arrestata: Cardillo ha, infatti, annunciato che il suo prossimo spettacolo in settembre verterà su Isaac Asimov. Il suo presente è, invece, occupato dalla lettura ad alta voce di testi narrativi di Beckett «che hanno una verità straordinaria», anche se «per quanto io mi sforzi di annullarmi, ancora non sono arrivato a sentire questa voce di Beckett che possa unirsi con la mia voce, che possa risuonare dentro di me».


Durante la conversazione si è riflettuto su un aspetto che ha caratterizzato l’intera carriera artistica di Maurizio Cardillo, ovvero la sua visione polifonica del lavoro. Più volte tentato dall’idea di una maggiore stabilità, derivante ad esempio dalla fondazione di una solida compagnia teatrale, in fin dei conti «se non è successo vuol dire che non doveva succedere». Così egli ha iniziato a coltivare già una certa libertà quando, dopo il periodo comico, ha collaborato con diversi teatri e compagnie. Di fatto Cardillo non può rappresentare un’eccezione alla regola in questo senso: nella stessa città di Bologna, infatti, ci sono molti attori che seguono un percorso autoriale autonomo, ma che non mancano occasione di legarsi ad altre realtà. L’attore ha comunque ammesso di non aver mai riflettuto seriamente sul processo di formazione delle compagnie teatrali a Bologna, magari calandolo nella sua esperienza, perché di fatto egli mette in primo piano l’aspetto artistico e l’impegno nel lavoro.
L’incontro con Maurizio Cardillo ha lasciato qualcosa di positivo alla redazione di Bologna Teatri. Le sue parole hanno fotografato molto bene il periodo che viviamo attualmente: la sua difficoltà, talvolta, nel trovarle o le numerose pause lasciano intendere un senso di normale spaesamento derivante dall’incredibile situazione odierna, oltre che un certo dispiacere per le numerose date degli spettacoli cancellate. Ma per fortuna si legge tra le righe delle sue riflessioni anche una voglia matta di ricominciare, di pianificare oggi un lavoro che porterà i suoi frutti con il tanto agognato riempimento dei teatri.

Leonardo Ostuni

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