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[Radar] Cronache dietro le quinte #2: Teatro dei Servi Disobbedienti

di Vittoria Majorana

Sì, la nebbia, sembra soltanto un ricordo in questa giornata di primavera meravigliosamente incorniciata dal cinguettio degli uccelli, dalle strade sterrate per le bici e dall’abbagliante verde dei prati del parco di Villa Pini. Il cielo è azzurro come d’estate e le nuvole di spuma mettono di buon umore… Eppure si ha la sensazione che da qualche parte, lì in fondo al parco, si annidi proprio lei, una soffusa coltre di nebbia.

Oltrepassiamo l’ingresso della Villa e questa si fa più fitta e intensa. Sembra quasi di averne scovato il nascondiglio, il rifugio. Eccola infatti, è lì dove non credevamo di trovarla.

A guardare un po’ meglio, oltre di essa scorgiamo poi un nutrito gruppo di ragazzi in allenamento: sono in cinque e si riscaldano nella sala principale della Villa, prendendo confidenza con lo spazio discreto del proprio corpo e della memoria. È la compagnia Teatro dei Servi Disobbedienti, ancora al quarto giorno di residenza del bando Radar, ma già in piena attività creatrice. Molte idee che erano emerse sono cambiate, altre si sono definite con più chiarezza, altre ancora sono nate spontaneamente dal lavoro d’improvvisazione. Immagini, gesti e parole che ruotano intorno a questa materia impalpabile e lattiginosa che da sempre sostanzia il paesaggio, la vita e il ricordo delle terre emiliane. Ma andiamo con ordine: cosa ci fa la nebbia, oggi, qui, da queste parti?

La chiacchierata con Federica e Andrea ci rivela piccoli frammenti di un’esperienza complessa fatta da persone che si incontrano nel teatro e che intessono, prima ancora di un progetto creativo, un’amicizia. Anche per questo le ore trascorse insieme ci danno l’impressione di essere immersi in un tempo buono, fatto di condivisione e di ascolto reciproco.

Ma questo è solo l’inizio. La giornata continua con una serie di appuntamenti che ne scandiscono il ritmo: la lettura collettiva del copione, il pranzo comunitario, gli esercizi di gruppo guidati, sia dalla regista che dagli stessi attori. Qualcuno propone un esercizio e gli altri lo eseguono, uno alla volta, sotto lo sguardo attento di tutti. Così, tra un cambio e un altro, ci capita di sfogliare un libro di fotografie di Luigi Ghirri poggiato sul tavolo accanto alla regia. E mentre nei suoi scorci cerchiamo angoli familiari, paesaggi della memoria, gli attori continuano a esplorare il gesto quotidiano, la ripetizione, il ritmo delle azioni più banali che compongono la nostra esistenza. Lo fanno nello spazio filamentoso di questa nebbia – ragnatela che si allunga da un capo all’altro della stanza, producendo intersezioni, piani inclinati, ostacoli da aggirare e che interagiscono col movimento dei corpi, ne modificano le traiettorie, ne rendono più accorto ogni momento.

A fine giornata raccogliamo anche la testimonianza degli attori sulla loro formazione, sul metodo di creazione condivisa, sulla ricerca che stanno compiendo intorno a questo progetto.

Ci congediamo dalla magica atmosfera della Villa che è già sera, il sole è tramontato da un po’ e la nebbia sembra essersi diradata all’orizzonte. “Sembra”, perché in realtà, lungo la via del ritorno, questa torna più volte a visitare le nostre menti. Con la sua densità e leggerezza ci avvolge infatti sfidando qualsiasi limite, qualsiasi contorno con cui siamo soliti riconoscere e definire il reale. Forse per questo – cioè per questa sua ostinazione al ritorno – non possiamo far altro che domandarci che cosa sia, in fondo per noi, questa bianca ed eterea nebbia.

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