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"Racconti dalla furia e dal ritorno". Divinità greche prigioniere di un museo dimenticato in attesa di visitatori

di Altre Velocità

Racconti dalla Furia e dal Ritorno. Il teatro sociale proposto dal gruppo è un teatro che interseca storie di persone senza fissa dimora a passi biblici, tratti dall’Antico Testamento, e poemi omerici, come Iliade e Odissea, evidenziando i punti in comune tra gli eroi e le persone. Questo progetto vede intrecciati sul palco attori professionisti e non-professionisti, ospiti o ex-ospiti del centro d’accoglienza, partecipanti al laboratorio condotto da Riccardo Paccosi presso i dormitori pubblici. Gli stessi attori sono stati protagonisti anche degli altri due spettacoli della trilogia: Racconti dal Diluvio (Here Comes the Flood) del 2014 e Racconti dall’Esodo del 2016. La trama si snoda all’interno di un museo impolverato e non visitato da molti anni dove due divinità, custodi del luogo, attendono speranzose l’arrivo di un qualche spettatore. I cimeli del museo sono ricoperti da teli bianchi quasi a simboleggiare i fantasmi presenti all’interno dell’edificio. Nel silenzio e nella calma dell’inattività del luogo, improvvisamente, dai lati della platea, entrano persone sfuggite a massacri della storia recente, che iniziano a raccontare le loro vite su insistente richiesta dei due dei incuriositi. Le loro versioni finiscono inevitabilmente per intrecciarsi con le vicende dei poemi narrati da aedi e vissute direttamente dagli Dei protagonisti. I “racconti del ritorno” dei personaggi “reali” toccano problemi sociali odierni come la violenza domestica o la vita in strada causata dalla povertà, vicende per cui nello spettacolo vengono appunto paragonati a eroi omerici come Achille nella guerra di Troia od Odisseo durante il suo ritorno a Itaca. Nonostante il progetto abbia una struttura solida e la collaborazione con i non-professionisti riesca ad amalgamarsi con le pieghe della trama, la realizzazione nel complesso sembra mostrare qualche crepa. La trama, per esempio, rischia di perdersi attraverso le varie testimonianze dei visitatori. Le reazioni degli Dei, attenti spettatori, perdono rilievo e finiscono anch’essi col venir coperti dai teli bianchi. Le divinità si distinguono per i look diversi: a differenza dei custodi del museo, intrappolati nei loro completi neri, Zeus e Afrodite vestono secondo lo stile hippie, una scelta azzardata volta a sottolineare la loro superiorità. I collegamenti tra i vari racconti della mitologia classica finiscono dunque con il sovrapporsi troppo tra loro. La denuncia finale della condizione femminile e la narrazione del ratto di Europa costituiscono una riflessione continua contro la figura della donna, sempre nel ruolo della vittima o della causa scatenante di guerre. L’unione tra mito e testimonianza suscitano sentimenti contrastanti: usciti dalla sala non si sa se riflettere attentamente su quello che si è appena visto o se assimilare il tutto come una bella storia.

Eleonora Poli

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