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Quella volta che Lino Guanciale mi ha letto l’Orlando Furioso e mi è piaciuto

di Altre Velocità

Ci sono tante cose che stanno succedendo ultimamente che un mese fa non avrei neanche saputo immaginare. Come trovarmi il sabato sera a Udine, a casa dei miei, a guardare Lino Guanciale che legge i suoi brani preferiti de l’Orlando Furioso su LepidaTv. Io mi sono messa tutta in ghingheri, per fare finta di non passare tutte le giornate in pigiama, e per l’occasione ho rispolverato la sedia più scomoda di casa, nel caso in cui l’Orlando sortisca ancora l’effetto che mi faceva al liceo e mi parta il pisolino. Invece i poteri magici di questa quarantena sono così sbalorditivi che il doppio reading per il cartellone #laculturanonsiferma, promosso dall’Emilia-Romagna e da Ert, si rivela l’highlight della settimana. E questo non perché non mi piacciano i reading di Ert o Lino Guanciale, e neanche perché la mia routine in quarantena è così triste che qualsiasi riempitivo diventa interessante, ma perché la lettura di Ariosto mi riporta ai tempi della scuola, nel banco in fondo alla classe, ad aspettare impaziente che suoni la campanella con l’impressione che la vita si stia svolgendo fuori e che a stare dentro io ne stia perdendo minuti preziosi. Storceranno il naso gli amanti della letteratura, ma non è colpa neanche di Ariosto. È che al tempo avevo un grosso problema con l’autorità e la professoressa di lettere avrebbe potuto leggermi anche il mio romanzo preferito, che io l’avrei trovato comunque un fastidio. Ma adesso sul problema con l’autorità ci sto lavorando e la vita, per una volta, non si sta svolgendo fuori, ma solo qui, dentro casa mia, dentro a questo schermo. Quindi ci provo. Scopro intanto che Lino Guanciale è bello e non me l’aveva detto nessuno, quindi mi sento molto fiera di me per essermi proposta di vederlo. Poi ha una di quelle voci rilassanti che fanno sembrare la lettura una sessione di meditazione guidata. Io dopo dieci minuti sto raggiungendo il Nirvana e mi metto a colorare coi pastelli a olio uno di quei libri coi mandala che vendono da Tiger, esplorando le infinite possibilità offerte dal teatro online. Anche perché questo reading mi sembra avere poco a che fare con il teatro, o almeno col poco teatro che ho visto io: il tono di Guanciale è lineare, non impostato, il ritmo di lettura veloce. Niente pause ad effetto, niente trucchi, niente musica. Ha un che di spontaneo e insieme di familiare, di casalingo. Forse perché invece del palco c’è il suo salotto, con tanto di foto incorniciate al muro, e che al posto delle luci di scena, che con grande fantasia mi aspetterei dal basso, un lampadario in alto spalma la luce su tutto l’ambiente. Più che l’attore mi sembra di vedere la persona, anche se una persona sconosciuta, qualcuno che ha lasciato aperte le porte di casa sua e non si è accorto che per strada passavo io e che mi sono fermata ad ascoltare. Ho l’impressione che si assistere a un momento intimo nella famiglia di un altro, a una collettiva manifestazione di solitudine. D’altronde perché uno dovrebbe lasciare aperte le porte, se non perché si sente solo? Nel teatro dove sta leggendo c’è solo lui, nella platea dove sto ascoltando ci sono solo io. All’improvviso, oltre che vagamente erotico, mi sembra dolce che Lino Guanciale mi presti la sua voce rilassante ad anestetico della mia solitudine. Anche Ariosto non è così male, scopro, una volta che superi la ribellione adolescenziale. Intanto tutta la storia dei mori e dei saraceni non l’avevo capita, come neanche che Angelica fosse orientale, quindi diventa tutto più chiaro. Poi piano piano si fa avanti un sentimento di struttura nelle rime, di ritmo nella costruzione delle frasi. A mano a mano che la lettura procede, inizio a sospettare che ci sia del senso dell’umorismo in tutta questa vicenda e quando arriviamo alla parte di Medoro e Angelica che scrivono che si amano su tutti gli alberi, giuro che sto volando. Soprattutto è tanto, tantissimo tempo che qualcuno non mi legge una storia. Mi ero dimenticata come ti fa sentire bene. Sarà che la paura ti fa venire voglia di tornare piccola, di raggomitolarti a letto e chiedere a tua mamma se ti passa una mano tra i capelli; sarà che di paura e di regressione ultimamente ne ho tanta; sarà che la mano tra i capelli, senza offesa per mia mamma, la preferisco di Lino Guanciale, magari mentre fa quel sorriso piacione che tira fuori mentre allude a come passavano il tempo Angelica e Medoro. Ma a me piace. Arriva a piacermi persino che sia in streaming, perché dopo una ventina di minuti lo posso mettere in pausa per scendere in balcone a fumare una sigaretta – anche se, per amore della mia salute, devo confessare che, prima di tutto questo, le due ore di teatro del sabato sera erano un grande balsamo per il mio tabagismo. Magari ne fumavo una prima e una dopo, però almeno durante no, e questo è un grande pregio del teatro dal vivo che in molti sottovalutano. Mentre faccio le scale incrocio niente di meno che mia mamma, che ho il potere di evocare anche col pensiero, tutta arrabbiata perché Conte con la diretta da Palazzo Chigi ha interrotto la sua compilation di Fiorello sulla Rai. A quel punto con terrore dimentico la sigaretta e corro ad aprire Facebook. Secondo scenario inimmaginabile: a sinistra Lino Guanciale interrotto sul più bello, proprio quando Orlando andava fuori di testa, e a destra Conte che annuncia la chiusura delle fabbriche e con altrettanta serietà pronuncia “smart worki” senza “ng” finale. Nella casella dei commenti piovono cuori e dichiarazioni d’amore per Giuseppe. Io sono allibita e non capisco se sto assistendo alla realtà o a un trip sensoriale indotto dall’astinenza di aria aperta. Sento mio padre che inizia a lamentarsi a gran voce, mia mamma ancora arrabbiata per Fiorello che se la prende anche con lui. Mi rimetto di corsa le cuffie. Meno male che c’è Lino Guanciale che legge Ariosto e che un posto sicuro, da qualche parte, mi è rimasto. La lettura riprende il giorno seguente e io inizio a fare come mia nonna quando si sintonizza a L’eredità e il suo corpo si rilassa automaticamente sulla sedia, come se fosse appena rientrata in casa dopo una terribile giornata di lavoro. In dodici ore il miracolo del marketing si è avverato e sono diventata pubblico fidelizzato. La voce è sempre la stessa, la stanza pure, l’entusiasmo con cui spiega quanto è complicata la trama si è fatto ormai contagioso. Guanciale prosegue col castello di Atlante, di cui mi ricordo un’illustrazione sull’antologia di scuola, e la storia di Ricciardetto e Fiordispina, che invece non ricordo per niente. Quasi quasi tiro fuori l’antologia per leggerne ancora. Inizio ad intuire il perché del successo che stanno riscuotendo le favole nelle ultime settimane: c’è intanto un elemento fortemente liberatorio nell’abbandonarsi alla lettura di un altro, affidandogli la fatica di scegliere, il compito di interpretare, la difficoltà di capire e di spiegare; c’è poi un piccolo spiraglio di fuga, in questa lettura, per quei mondi lontani che millantava la mia professoressa di lettere e che in me non suscitavano alcuna curiosità, mentre ora desidero ardentemente visitare. Anzi, mi ci vorrei trasferire, perché quel mondo fuori che al liceo tanto mi piaceva oggi sembra aver perso ogni attrattiva, e in quello dentro stiamo messi anche peggio. Si è aperto tra i due un nuovo spazio, questo strano luogo online dove io e Lino Guanciale conviviamo insieme e separatamente, una finestra sul cortile di terzi da cui osserviamo e immaginiamo insieme. Una piccola oasi di pace, quella carezza tra i capelli, questo ascolto passivo che mi salva, per qualche minuto, dai virus e dalle crisi e dalla responsabilità di reagire. Ma la mezz’ora è finita. Il secondo reading si conclude con successo su «Se sogni son questi, ch’io dorma sempre, e mai più non mi desti» dove, gesticolando, Guanciale lancia un altro sorrisone da sberle che mi fa sognare. Se me l’avessero detto un mese fa, che mi avrebbe letto Ariosto e mi sarebbe pure piaciuto, non ci avrei mai creduto.

Elena Magnani

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Una risposta

  1. Un bellissimo articolo, complimenti!! L’ho ascoltato anche io e mentre raccontava la trama per sommi capi mi sono chiesta “ma davvero succedono tutte queste cose nell’Orlando furioso?”. Sono rimasta davvero incantata davanti allo schermo del tablet…

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