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"Quartet" al Teatro Duse. Il sipario che non accenna a calare

di Altre Velocità

Quattro attempati artisti decidono di tornare insieme sul palco per ritrovare un po’ della gloria perduta e dimostrare che anche nella vecchiaia hanno ancora qualcosa da dare al pubblico. È difficile dire se questa premessa si riferisca alla trama di Quartet, pièce andata in scena al Teatro Duse da venerdì 15 a domenica 17 febbraio, o ai retroscena dello spettacolo.

La commedia, scritta nel 1996 da Ronald Harwood, è diretta da Patrick Rossi Gastaldi e segue le vicende di quattro cantanti d’opera che, ritrovatisi in una casa di riposo anni dopo il loro ritiro dalle scene, accettano di esibirsi a un gala con il loro vecchio cavallo di battaglia, Bella figlia dell’amor.

La preparazione del numero mette i personaggi di fronte all’evidenza degli anni trascorsi, ma permette loro anche di chiarire vecchi screzi, confessare segreti e riconquistare qualcosa che pensavano ormai fosse perso per sempre.

Come loro, anche gli interpreti sono quattro glorie del passato ormai tutte over settanta: Giuseppe Pambieri, Erika Blanc, Cochi Ponzoni e Paola Quattrini. La loro pluridecennale esperienza sul palco emerge dalla loro assoluta scioltezza nella recitazione e dai ruoli a ognuno assegnati, che sembrano in buona parte ricalcare quelli che a suo tempo li avevano resi famosi: l’eleganza austera della Blanc contrasta con il fare da svampita con la testa tra le nuvole della Quattrini, Ponzoni è la spalla e il comic relief mentre Pambieri riesce a fare emergere anche dietro a discorsi su artriti e cotognate il fascino dei tempi de Le sorelle materassi.

Nonostante questo la sceneggiatura non offre molte possibilità di dimostrare le capacità attoriali dei quattro; la trama, semplice fino quasi a risultare scontata, procede in modo lineare e mantenendo un ritmo pressoché invariato dall’inizio alla fine della pièce. Tutto si basa sulla parola e il costante scambio di battute che, pur riuscendo a far sorridere, si distaccano in pochi casi dai più comuni cliché toccati ogniqualvolta si rappresenta la terza età, dalla burbera infermiera che sembra tramare contro gli ospiti in ogni occasione al “vecchio sporcaccione” che importuna qualunque donna non abbia ancora raggiunto gli ottant’anni.

Nel complesso comunque la commedia è piacevole e ha saputo divertire il pubblico del Duse pur lasciando una sensazione dolceamara, difficile da evitare quando al centro di un’opera c’è una riflessione sulla vecchiaia e il tempo che passa.

Gli applausi finali si sono protratti diversi minuti, incoraggiati dalla più volte ripetuta riapertura del sipario sotto indicazione di Pambieri. Anche questo momento è stato a suo modo emblematico della volontà dei quattro attori di continuare a rimanere sul palco e ricevere acclamazioni il più a lungo possibile: indipendentemente da quale sia la loro l’età, lo spettacolo non è ancora terminato.

Silvia Libanore

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