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Per chi ama e sospetta o dell’universalità di Otello del Balletto di Roma

di Altre Velocità

Con Otello William Shakespeare giunge al livello sublime della messa in scena della tragedia della parola. La parola, in questa tragedia, è mistero e inganno, è un’apparenza che influisce sulla realtà in modo irrimediabile e che porta alla catastrofe come l’unica soluzione possibile. È arduo l’obiettivo che si pone il coreografo Fabrizio Monteverde, riallestendo la messa in scena con il Balletto di Roma: egli spoglia la tragedia dalla sua arma più potente – la parola e rende il corpo l’unico veicolo della narrazione. Abbiamo visto l’allestimento al Teatro Duse di Bologna lo scorso 30 gennaio 2019.
Il coreografo rivisita il testo concentrandosi sugli snodi psicologici che determinano il complesso rapporto del triangolo Otello-Desdemona-Cassio. La scenografia non raffigura l’ambientazione della tragedia, lo spettatore si perde domandandosi se la scena si svolga a Venezia o sul litorale dell’isola di Cipro. I personaggi si trovano in uno spazio “altrove” dove il mare come il sottofondo rimanda a un orizzonte infinito illuminato dalle luci dei colori accesi: il bianco, il rosso e il blu che esaltano le passioni che li divorano. La figura di Otello, nell’immaginario comune, rappresenta il simbolo della cieca gelosia che culmina in tragedia. Monteverde ci spiega che: «Il gioco è svelare il sentimento che si cela dietro la ragione cercando di comprendere dove portano le pulsioni, l’eros e la passione». Il coreografo ci porta a riflettere sulle potenzialità del linguaggio corporeo esaltate attraverso la danza di Otello, interpretato da Vicenzo Carpino, il cui corpo scoperto e ricoperto incarna ciò che sfugge alla ragione, cioè alla parola. La partitura coreografica è decisa nei movimenti dei protagonisti ai quali viene corrisposta al contempo la coralità del resto dell’ensamble che sincronicamente dà il corpo ai sentimenti. I movimenti dei danzatori sono carichi di un’eleganza che è propria del balletto e che scaturisce dalla determinatezza dei gesti e la loro precisione. Monteverde accenta la dimensione corale moltiplicando le figure di Otello, di Iago, di Cassio e Desdemona rendendo in tal modo la loro vicenda universale. Il destino di Otello colpisce tutte le coppie presenti sulla scena e la densità del sottotesto si esprime nel corpo corale.
Il costume rivela una chiave interpretativa sorprendente: la scelta di vestirli con i medesimi abiti e colori, in rosso e nero, richiama nella nostra mente la passione e la morte, rende evidente che ognuno può essere chiunque e la diversità di Otello in quanto moro non esiste più. Nel momento in cui il diverso non esiste, lo scontro viene spostato verso un altro tipo di distinzione, quello tra l’uomo e la donna. Gli spettatori lo percepiscono attraverso la coreografia nelle scene in cui Desdemona e Otello si presentano assieme. I loro gesti individuali nascono e si sviluppano in contrapposizione al movimento del partner come se volessero sottolineare la difficoltà di comprendersi fra loro.
La Desdemona, interpretata da Roberta De Simone, nell’opera è molto diversa da quella figura innocente pensata da Shakespeare, il suo carattere esaltato dai movimenti della danza pone in luce il suo desiderio di imporsi al suo compagno, di sedurlo con i suoi appassionati gesti.
Le musiche del compositore ceco Antonín Dvořák, grazie a dei leitmotiv che caratterizzano diversi personaggi, contribuiscono alla narrazione della vicenda sfidando il primato della parola.
L’ultima solitaria danza di Otello dopo la morte di Desdemona riprende la sequenza danzata precedentemente con l’amata, come se soltanto la sua morte gli abbia rivelato la realtà che si nascondeva dietro le apparenze.

Jovana Malinarić

                                                                                                                            
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