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MET Meticceria Extrartistica Trasversale

di Altre Velocità

«Il teatro è l’arte di trasformarsi, per salvarsi dagli altri o da se stessi»

Gli acrobati camminano, in bilico su un montale di scala. Sono ebrei che fuggono dalla deportazione nazista, scambiati per circensi da un gruppo di attori che li vende correre da lontano; sono anche migranti eritrei, marocchini, arabi, siriani che scappano dalle proprie terre e sono etichettati come migranti economici o politici: per questo devono trasformarsi, prendere le sembianze di storie che a volte non conoscono, per portarle davanti ad una Commissione. Questo è Gli Acrobati, il primo spettacolo portato in scena al MET, la nuova casa dei Cantieri Meticci, in via Gorki 6. L’inaugurazione il 3 febbraio 2017: un inizio mese che battezza un luogo nuovo per la “città meticcia”. Gli arti periferici di Bologna diventano “centro” nel retro di una Coop stravolto dalle consuete immagini di repertorio: le porte di vetro all’entrata fanno varcare la soglia di un palco poco illuminato, panche poggiate a terra con qualche cuscino sopra. E già questa prima stanza è dinamica: ad ogni nuovo spettacolo viene modificata in base alle esigenze di regia e di azione. Il MET sorge in un quartiere di Bologna, Corticella, da cui il facoltoso scappa lasciando spazio al non abbiente, all’immigrato, alla gente comune.  Quartieri di periferia spesso sotto i riflettori mediatici per il degrado, gli sfratti, le emergenze. Il quartiere Corticella allora diventa casa per un’associazione, i Cantieri Meticci, che mette insieme centro e periferia: il centro delle sicurezze cittadine e personali, la periferia di un incontro che quotidianamente spaventa per le strade. Li definiscono «spazi membrana progettati apposta per fare penetrare il fuori, la città, nel didentro dei processi artistici».

I Cantieri Meticci, infatti, operano percorsi teatrali con richiedenti asilo, rifugiati, studenti, professori, ricercatori, lavoratori. Nati all’ITC di San Lazzaro, hanno oggi tra i quartieri bolognesi sei laboratori attivi in cui ci si incontra tramite l’arte. Si tratta di una compagnia istituita nel 2012 da Pietro Floridia, attualmente direttore artistico del progetto. Regista poliforme, lui come il suo teatro: ha creato progetti-ponte tra stranieri in Italia e i loro paesi d’origine, descritti e raccontati in seguito nello spettacolo Teatro in viaggio; è stato regista di spettacoli e workshop in Italia, Bolivia, Brasile, Svezia, Polonia, Palestina, Senegal, Belgio. Il suo progetto di incontro, tramite il teatro, di italiani e migranti, nasce della necessità di rifondare un senso al proprio agire in un sistema teatrale italiano e occidentale dove questo senso era venuto a mancare, mettendo insieme la sua “questione di vita o di morte” (l’atto della creazione artistica) con quelle di chi tale questione la vive nella sopravvivenza quotidiana. L’esorcizzazione delle paure dovute all’altro è il perno degli intenti della Compagnia e al MET questo si ritrova anche nella disposizione degli spazi. Quando si entra si calpesta il palco, si cammina su quello che ci si figura come la distanza in metri per arrivare alla sacra bravura dell’attore: uno stigma, dunque, viene già scongiurato, con la consapevolezza che si diventa tutti un po’ forme d’arte. Altre tre sale si aprono all’arte del “meticciato”, dove si coniugano forme d’espressione tra le più disparate e persone che fanno ripercorrere l’intero mondo. Con MET si intende una Meticceria Extrartistica Trasversale e, in effetti, l’anagramma si ipostatizza nelle stanze del luogo: una “collageria”, dove mettere insieme legno e storie, tavoli di bar su cui vengono proiettate le dittature di ieri e di oggi, una sala dove un artista africano ha esposto le sue opere. Il tutto, con le luci basse di chi non vuole gridare, ma raccontare. Tutti i weekend in programma spettacoli teatrali, workshop, installazioni artistiche; atelier aperti i sabato pomeriggio, dove potere sperimentare, sotto l’egida di guide professionali e fili-conduttori tematici, forme artistiche tra le più disparate.. Un caleidoscopio di forme in un luogo che mette insieme i non luoghi, i luoghi comuni, i luoghi dell’anima: l’arte dell’incontro si fa vera all’interno di un teatro in cui si compongono scene di vita.  

Angela Curina

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