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Il teatro e i suoi rappori costitutivi. Venere in pelliccia di Malosti

di Altre Velocità

Leopold Von Sacher-Masoch, autore nel 1870 del romanzo erotico Venere in Pelliccia, riadattato per Broadway dal regista David Ives. Il testo viene rifiutato, e Ives si inventa di rappresentare la messa in scena di quel testo. Ecco nascere Venere in pelliccia, pièce teatrale di successo, da cui Roman Polanski trarrà la versione cinematografica nel 2013. Tutto qui? Assolutamente no, perché succede che il regista Valter Malosti porti il testo di Ives in tour in Italia, recitando la parte di un regista, suo omonimo, che intende mettere in scena il romanzo di Masoch. Lo spettacolo debutta nella stagione 2015-16 e replica con buona risposta di pubblico quest’anno. Assisto a una delle ultime rappresentazioni, al teatro Laura Betti di Casalecchio, con il film di Polanski ancora in testa, e non mi è possibile evitare impropri paragoni riguardanti soprattutto l’altro perno della narrazione: il personaggio di Wanda Jordan, attrice provinata da Malosti. Perché gli attori di Venere in pelliccia, e questo vale sia per lo spettacolo teatrale, sia per il film, sono sempre e soltanto due: regista e attrice, uomo e donna, datore di lavoro e lavorante; e avremo occasione di vedere rapporti di potere continuamente ribaltati e ruoli interscambiabili tra questi due complessi personaggi. La Wanda del film, interpretata da Emmanuelle Seigner, è un’attrice volgare e rozza che domina un duello psicologico sbilanciato a suo favore sin dall’inizio del racconto. Diversa la situazione a teatro, dove Sabrina Impacciatore è una Wanda comunque rozza (in questo caso una romanesca “burina”), ma che manifesta, a causa della sua inferiorità intellettuale nei confronti del regista, un’evidente sottomissione a lui in tutta la prima parte dello spettacolo. La scelta di mostrare il femminile in un primo tempo subalterno al maschile, conferisce più forza al successivo ribaltamento della situazione. Anche Malosti, che interpreta un regista inizialmente più arrogante di quello cinematografico, accentua il contrasto rispetto all’esito della vicenda, in cui gli equilibri mutano. Il commento musicale sottolinea l’inquietudine della metamorfosi in corso nei personaggi, e, tramite alcuni brani di doppiaggio registrato, facilita la comprensione del loro dualismo grazie a timbriche differenti. Maggiore complessità, quindi, a teatro in scena piuttosto che al cinema, per uno spettacolo che, nato per il teatro, ne mette in scena rivela i suoi rapporti costitutivi. Il testo di Ives intreccia temi profondi: l’inconscio, le pulsioni sessuali, i rapporti di potere tra i generi e tra i diversi attori sociali, rimanendo commedia, e questo è il suo più grande pregio. Malosti e Impacciatore confermano con la recitazione queste sue caratteristiche, riuscendo a mettere in discussione le certezze dello spettatore senza rinunciare alla risata.

Alessandro Carraro

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