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Il buon raccolto per un racconto: Teatro dell'Orsa e Casa delle storie

di Altre Velocità

C’è un mestiere che ci portiamo nel cuore: quello del cantastorie. Sa di artigianale e nobile, insieme. «Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla» dice Danny Boodman T.D. Lemon Novecento (La leggenda del pianista sull’oceano); il Teatro dell’Orsa e la Casa delle Storie sono specializzati in questo. Narrare sembra essere il loro modo di guardare al teatro e alla vita.
Diventa un bene, ovvero qualcosa che è buono in sé, nel suo essere e nel suo valore morale, ed è tanto necessario quanto potente: le voci dei narratori possono arrivare ovunque, ci cullano come un vento gentile che scalda il cuore. Il progetto che le due compagnie teatrali stanno portando avanti è intitolato Fiabe senza Corona e consiste nella pubblicazione di favole, recitate e musicate da loro, della tradizione popolare: possiamo trovare antichi regni celtici, case di sale e omini di zucchero, ma anche quotidianità, anime smarrite e topolini sensibili. A proposito di questi ultimi, ce n’è uno in particolare, la cui storia è speciale quasi quanto lui: si chiama Federico e non è mai con i suoi compagni a raccogliere le scorte per l’inverno. A prima vista sembrerebbe proprio un perdigiorno, quel Federico.
Mentre gli altri 4 topolini iniziano a raccogliere il grano, il mais e le noci («porta-passa-spingi-rotola!») lui, disteso nel campo vicino al vecchio granaio, raccoglie i caldi raggi dorati del sole. Il giorno dopo lo troviamo con gli occhietti socchiusi, all’ombra di una foglia, intento a accaparrarsi qualcos’altro: i colori della bella stagione. Viene l’ultimo raccolto, ma anche in quell’occasione Federico è altrove, nel suo amato campo. «Raccolgo le parole» dice con tono pacato. I suoi compagni sono alquanto sorpresi di queste risposte, ma non si arrabbiano più di tanto. La tenerezza tocca qui ogni aspetto della storia: dolce e buffa allo stesso tempo, porta con sé bontà, senso della condivisione e rispetto per ogni mestiere.
Sappiamo, infatti, che le provviste non sono infinite; e che un po’ si muore d’inverno, con tutto quel grigiore che rattrista, la pioggia, il freddo che congela ogni emozione. Si può dire che anche noi stiamo vivendo un lungo inverno, fatto di giornate un po’ strane e solitarie. Ci manca qualcosa e lo sentiamo; ma anche ai protagonisti della nostra storia mancava qualcosa…
I topolini si ricordarono, d’un tratto, delle “provviste” di Federico e gli chiesero di condividerle. Alle parole del topolino, tutti chiusero gli occhi: ad un tratto si fece vivo un certo teporino… Ecco che credere a quelle parole stava facendo rivivere in loro sensazioni meravigliose. Al buio si sostituì una tavolozza di colori, fatta di fiordalisi, papaveri, erba appena nata. Federico aveva fatto un raccolto di ricordi piacevoli, che grazie alla fantasia stavano facendo riemergere sensazioni così dolci da farli sorridere. Da farli sopravvivere!
Ad animare il racconto, ispirato all’opera di Leo Lionni, è la variopinta voce di Monica Morini (autrice, attrice, regista del Teatro dell’Orsa) che diventa – al pari del protagonista – colei che dà a noi la possibilità di esplorare un nuovo e sorprendente mondo immaginario, condito con le allegre musiche al pianoforte di Gaetano Nenna.

Il Teatro dell’Orsa e la Casa delle storie ci invitano a salvarci – proprio come fanno i topolini con le parole di Federico – tramite i racconti. La storia, infatti, ci ricorda quanto sia importante vivere profondamente il bello che ci circonda: guardare fuori dalla finestra e nutrirci di questa dolce primavera, per poi, magari, narrarla a qualcuno.

Giorgia Pagano

https://soundcloud.com/casadellestorie/federico


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