altrevelocita-logo-nero

Fra l'onirico e l'eroico. Il Don Chisciotte di Alessio Boni

di Altre Velocità

«Fra tutte le virtù, la più importante è il coraggio, il coraggio di essere fedeli ai propri sogni». Con questa affermazione, chiara e precisa, l’attore Alessio Boni in una intervista a Repubblica ci fornisce la chiave di lettura per capire il personaggio che interpreta in Don Chisciotte al Teatro Duse di Bologna. In una società che ci impone di essere pragmatici, ossessionati dalla certezza del posto fisso, di rimanere con i piedi per terra, Don Chisciotte va in controtendenza perché persegue e segue con coraggio certi sogni, certi ideali quali : «proteggere gli umili dalla protervia dei forti, liberar le nobil dame dai malefici, difender l’onore e la giustizia universale». Opposto al sognante Don Chisciotte, troviamo l’attrice Serra Yilmaz nei panni dello scudiero Sancho Panza: contadino analfabeta, concentrato sulla concretezza della vita, dall’incerta parlata da straniero. Buffa nel suo vestito d’asino, che regge davanti a sé come fosse una pancia posticcia, con i capelli turchini, ha la battuta sempre pronta a smontare la follia trasfigurante del cavaliere.
La recitazione di entrambi è generosa, sopra le righe, con un ritmo sostenuto. Alessio Boni, dà spessore a un personaggio complesso e delicato senza rinunciare alla teatralità che caratterizza questo adattamento: si destreggia tra la declamazione in versi delle gesta eroiche, momenti di verità tenera, profonda, e passaggi di riflessione dove ci sembra di scorgere le rughe delle delusioni della vita, delle cadute dolorose del personaggio e dell’attore. Con grande naturalezza, fisica e interpretativa, invece, Serra Yilmaz porta in scena la comicità dell’umile compagno di ventura, sempre in cerca di soldi e di cibo, ma anche la generosità del fedele amico, genuino e sincero, capace di sognare con lui.

Don Chisciotte è ambientato in una scenografia che si scompone e ricompone plurime volte, supportata da fondali in tessuto, che scendono e risalgono per celare e rivelare nuovi spazi: una struttura scenica che si fonda sull’immaginazione dello spettatore e che si sposa alla perfezione con la fantasia del cavaliere errante.
Fin da subito, si riflettono in scena alcuni elementi tratti dal teatro di figura. Nel momento in cui, per esempio, Don Chisciotte viene calato in un pozzo che appare sul palco e attraverso il quale, tramite forme in cartoon di donne e sagome strane mosse da attori nerovestiti, si entra in uno spazio onirico e fatato; o ancora nella battaglia con il cavaliere oscuro, dove questi viene “suddiviso” in varie parti, manovrate da performer ancora in nero, che si separano e si uniscono ogni qualvolta ricevono un fendente, in una vera e propria “danza bellica”.
La cornice drammaturgica, scegliendo gli episodi più significativi, rende giustizia a una pietra miliare della letteratura mondiale., Le due ore di spettacolo scorrono con la piacevolezza di una storia eterna, narrata con maestria da tutti gli interpreti della compagnia teatrale diretta dal collettivo capeggiato da Aldorasi, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico, Nicolò Diana, che affiancano i già menzionati Alessio Boni nei panni di un energico e sognante Don Chisciotte e Serra Yilmaz, un Sancho Panza.
Alla fine dello spettacolo, tra me e me mi sono chiesto come mai , dopo molti anni dalla sua prima pubblicazione del 1605, questo romanzo continua ad essere letto (Con oltre 500 milioni di copie, è il romanzo più venduto della storia ) o rappresentato a teatro ; ho sempre pensato che fosse dipeso dal fatto che, da una parte, la dinamica ripetuta delle vicende di Don Chisciotte nel romanzo scatena ilarità, dall’altra il suo atteggiamento generoso e ostinato fa anche tenerezza .
Nonostante venga ingannato e deriso da chi lo crede pazzo, guardato con condiscendenza malevola  per aver scombinato l’ordine costituito con la forza dell’utopia, affronta il mondo che lo circonda con ingenuità fanciullesca, pronto a tutto per tener fede all’onore e alle proprie convinzioni, ai propri ideali. A mio modesto avviso, la ragione ultima della sua “immortalità” risiede nel fatto che oggi, come al tempo di Cervantes, autore del romanzo ,abbiamo un gran bisogno di idealisti, sognatori capaci di poesia, di combattere contro le ingiustizie, contro le storture della vita.

Federico Miceli

]]>

L'autore

Condividi questo articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

articoli recenti

Ciao Alessandra

Nella notte fra il 16 e il 17 maggio si è spenta a 65 anni

questo articolo è di

Iscriviti alla nostra newsletter

Inviamo una mail al mese con una selezione di contenuti editoriali sul mondo del teatro, curati da Altre Velocità.