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Elvira o la passione teatrale di Strehler: intorno alla recitazione

di Altre Velocità

https://www.youtube.com/watch?v=8q9KjIMGJuw

«Il teatro esiste solo nel momento in cui si fa, quando il sipario si chiude il teatro non c’è più».
Guardare uno spettacolo teatrale in video su Youtube è qualcosa di limitante, si pensi all’acustica o al coinvolgimento dello spettatore. Ma è anche vero che la potenza di una rappresentazione può essere sprigionata attraverso qualsiasi mezzo, se alla base c’è un lavoro significativo. Così in questi giorni visionare i grandi spettacoli del Novecento in rete può essere una soluzione, perché ci accorgeremmo comunque della loro grandezza. Tramite una collezione della rivista Teatro e critica, si può recuperare uno spettacolo che porta in scena l’autenticità e il significato preciso dell’arte della recitazione. Si tratta di Elvira o la passione teatrale di Giorgio Strehler (Piccolo Teatro di Milano, 1986), la messa in scena di sette lezioni che il leggendario attore Louis Jouvet tenne nel 1940 all’allieva Claudia presso il Conservatoire D’Art Dramatique di Parigi, per preparare l’intensa scena 6 dell’atto IV del Don Giovanni di Molière. Recentemente anche Toni Servillo si è confrontato, nella sua Elvira, con questo testo, rappresentandolo in varie parti d’Italia.
Strehler riconosce il ruolo educativo che possiede quel “manifesto”, trascritto e poi divenuto pièce grazie a Brigitte Jacques, e lo porta a teatro impersonando lui stesso Jouvet, al fianco di Giulia Lazzarini (Claudia). I due attori entrano nei rispettivi personaggi, ma talvolta escono per rendere il tutto più naturale. Lo stesso Strehler, nel monologo che anticipa lo spettacolo e inaugura lo spazio del Teatro Studio, spiega che non è importante vestirsi o ricalcare perfettamente la voce di Jouvet, poiché ciò che conta è il messaggio che quelle lezioni ci hanno lasciato, il quale dovrebbe passare per le bocche di tutti gli appassionati di teatro. Quella del regista triestino non è una mimetica rappresentazione dell’attore francese, ma un omaggio all’importanza e alla potenza delle sue parole. Ancora oggi validissimo manuale per aspiranti attori, le lezioni (e lo spettacolo come un’ineccepibile traduzione visiva) si imperniano su una scena cardine del teatro classico. Elvira ha provato un amore passionale e ossessivo per Don Giovanni, ma questi l’ha abbandonata tre giorni dopo la promessa di sposarla. L’odio e la delusione più cocente, che portano Elvira all’inseguimento dell’amante, durano poco perché, alla sua vista, si tramutano in ansia per il destino dell’anima di Don Giovanni.

«Risparmiatevi il crudele dolore di vedervi dannato per l’eternità» o «Io vi ho amato con una tenerezza infinita» sono frasi complicate da pronunciare, step durissimi per il training di un attore. Le battute di Elvira testano la preparazione di Claudia, il cui processo di miglioramento fisico e vocale è magistralmente interpretato da Giulia Lazzarini. Un esercizio attoriale che ha dei punti fermi importanti. Tra questi, l’entrata in scena del personaggio, fondamentale per Jouvet/Strehler nell’economia dello spettacolo, poiché Elvira trasferisce il ritmo frenetico del passo nel successivo flusso agitato delle parole. Proprio osservando la maniera in cui un attore fa la sua prima comparsa sul palco, spesso riusciamo a prevedere se tutto ciò che avverrà dopo sarà svolto correttamente. È un po’ quello che succede nel calcio, quando un controllo di palla perfetto ci preannuncia la sensazione di un gol favoloso. A partire dal giudizio su questo momento iniziale della scena, Strehler, omaggiando Jouvet, segue i progressi della sua allieva, accompagnandoli con citazioni e spiegazioni sul mestiere dell’attore. La preparazione dell’interprete, e il caso di Elvira è emblematico, passa attraverso la sofferenza e il dolore. «Noi attori siamo gli strumenti di noi stessi»: una frase che coniuga armonicamente arte e vita, perché Claudia non può raggiungere un grande risultato se prima non ha scavato dentro di sé, nei suoi angeli e nei suoi demoni. L’attore non può preoccuparsi solamente di fare “bella figura” e sentirsi a proprio agio sulla scena. Oltre a dimostrare di aver capito alla perfezione il suo ruolo, egli deve riuscire nell’impresa di calare, attraverso la presenza scenica e una piccola sana dose di esibizionismo, la propria sensibilità di attore nel personaggio, al quale può solamente avvicinarsi, e verso il pubblico.

«Il teatro è questo: dire qualcosa a qualcuno, con il sentimento del testo».
È l’insegnamento riassuntivo di Strehler, che la Lazzarini, impersonando l’allieva Claudia, ci mette sotto gli occhi, restituendoci alla settima e ultima lezione una commovente e indimenticabile Elvira.
Un’ulteriore moderna riflessione rispetto al punto di partenza Jouvet ci è offerta dal documentario Il teatro al lavoro di Massimiliano Pacifico, presentato da Toni Servillo durante una recente conferenza alla Cineteca di Bologna (ne avevamo parlato lo scorso anno qui). Il regista racconta, attraverso un lungo dietro le quinte, la preparazione dell’Elvira di Servillo, prima del debutto al Piccolo Teatro di Milano. In questo film il maestro Jouvet si mescola all’insegnante Servillo, affiancato da allievi che imparano via via i loro personaggi interpretando giovani attori che a loro volta li hanno preceduti. Un risultato tutt’altro che caotico, anzi un ingrediente in più per facilitare il processo di immersione dello spettatore nel cuore della materia teatrale. La visione di Elvira o la passione teatrale di Strehler, seppure su Youtube, può essere importante oggi, una scoperta e un momento di evasione in questi giorni così uguali e drammatici. Sarebbe bello se lo spettacolo facesse questo effetto a tante persone, soprattutto a chi non lo conosce. Circa 90 minuti di educazione al teatro, alla bellezza e all’arte della recitazione, introdotti da un emozionante cappello che Strehler dedica al genio di Louis Jouvet. Il teatro è rinascita, e in questo periodo difficile ricordare Elvira è un elegante omaggio al «disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita».

Leonardo Ostuni

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