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Dispacci dalla catastrofe #4: il countouring perfetto e l’ossessione dei millennials 

di Sofia Longhini

La catastrofe come fossimo in un laboratorio scientifico a registrare statistiche: quante donne? Quanti uomini? Di che razza? Di che orientamento sessuale? Per alzata di mano, gli individui del laboratorio curato da Domesticalchimia, disposti omogenei sul palco dell’Oratorio di San Filippo Neri, si palesano. Uno scienziato prosegue l’indagine fino a che non viene fermato: si apre allora un confronto-scontro dialettico a più voci tra scienza e cuore che tenta di rappresentare la condizione dell’uomo moderno. Il risultato è avvilente ma veritiero: nonostante i progressi della scienza, noi umani continuiamo a essere poca cosa. Dopo la dimostrazione di lavoro del laboratorio la serata prosegue con lo spettacolo Il countouring perfetto.

Una smania che si fa malattia, l’autoreclusione che sfocia nella solitudine del nuovo millennio, il nostro: così prende forma Il contouring perfetto, spettacolo di Francesca Merli con le attrici della compagnia Domesticalchimia. La protagonista di un cast tutto al femminile è Anita, una blogger dalla postura fiera e dagli abiti colorati, che chiusa da sempre in casa interagisce solo con il suo pubblico virtuale, mette like e commenta online, dà consigli utili (utilissimi!) ai suoi followers e così via. La sua amica immaginaria Sam è la paladina di moda, sesso e apparenza, ma non proferisce parola per tutto lo spettacolo (scelta casuale?), comunicando solo attraverso l’espressiva mimica facciale, versi incomprensibili e mostrando i suoi muscoli come fosse una culturista. Comunque, nei modi un po’ schizofrenici di Anita inizia ben presto a percepirsi un velo di paranoia e inquietudine: manca qualcosa. Ecco che fa capolino, nel pieno della notte, un nuovo personaggio: è “la Signora” che svela alla blogger gli inganni della sua realtà: Sam appartiene ai Rettiliani, specie che sta organizzando un complotto contro gli Umani e che governa in segreto il pianeta Terra. Inizia allora un conflitto interiore e poi una lotta fisica in cui i tre personaggi mimano la distruzione delle varie stanze della casa, un modo per sondare quella realtà improvvisamente distante. Il risultato? Nella vita di Anita, di vero, c’è stato sempre ben poco. Ed è così che il chiasso dello scontro spinge i vicini di casa a chiamare la madre di Anita. Subito una voce si materializza come fosse una telefonata (eppure nessuna traccia di un cellulare: sarà forse la voce interiore della blogger?): «Da quando è morto tuo padre hai perso completamente il controllo!». Ecco uno spiraglio di verità che apre l’indagine (senza che questa venga approfondita, peccato!) sul motivo della mancata comunicazione con il mondo reale.

Seppur con una recitazione talvolta troppo caricata, le talentuose attrici catturano incessantemente l’attenzione dello spettatore. Eppure qualcosa rimane sospeso: forse perché la rappresentazione ha una struttura e una regia così maniacalmente definite da non lasciare spazio al caos, al vivo e brulicante covo di energie che anima i moti del cuore, da essere mangiata dalla sua stessa colonna portante. Inoltre il tema, la deriva dell’uomo sempre più virtuale, per quanto attuale e affrontato con un’innovativa linea comunicativa, è già stato così sviscerato da non rappresentare più, in un certo senso, un’urgenza. Comunque, con un’ironia sottile e poi tragica, noi nativi digitali non possiamo che entrare in empatia con Anita: il suo spazio condensato e il suo tempo privo di passato e futuro in cui anche il presente è congelato, lo riconosciamo, sono anche i nostri.

L'autore

  • Sofia Longhini

    Sospesa tra le Marche e l'Emilia, si laurea in lettere moderne a Bologna, sua mamma adottiva. Prosegue con italianistica e, nel mentre, cerca se stessa tra corsi di recitazione e di scrittura. Inciampa nel laboratorio di critica e giornalismo a Vie Festival 2017 e da allora Altre Velocità la accoglie a casa.

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