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Chi ti batte sul tempo. "Si nota all'imbrunire" di Lucia Calamaro

di Altre Velocità

Perdonatemi se di seguito sfuggiranno riferimenti e cenni ad alcune persone della mia famiglia, me compresa. Non per narcisismo, non per nostalgia verranno evocati. Questioni di sovrapposizioni. La famiglia Cimmino, prepotente, si è infiltrata tra le mura della casa costruita da Lucia Calamaro in Si nota all’imbrunire e di tanto in tanto Silvio, Maria, Alice, Riccardo e Roberto si son trasformati sul palcoscenico in mia sorella, in nonno Mario, in papà…

D’altronde penso che i cinque sopra citati avranno mutato più forme sotto gli occhi delle sedie dell’Arena del Sole. Merito dell’universalità dei personaggi di questo spettacolo e in generale di tutti i testi scritti da questa autrice. «Io scrivo per il pubblico», dice durante la conferenza organizzata al DamsLab; la drammaturga cerca sempre di trovare un qualcosa in cui tutti possano rispecchiarsi, dall’analisi di grandi temi, come la morte, a vezzi quasi insignificanti che caratterizzano i suoi personaggi.

I diari, tanto amati da Calamaro, da quelli dei grandi autori a quelli che rimangono confinati nei cassetti dei comodini, sono la cartina di tornasole per rendersi conto che non siamo i soli a dover affrontare il garbuglio delle nostre menti. E «la letteratura in generale è quella che ti batte sul tempo e ha già detto, meglio, quello che tu vorresti esternare». Ecco perché i libri diventano dei veri e propri protagonisti nei suoi spettacoli. Si passano di mano in mano e di bocca in bocca: il fratello di Silvio, Roberto, non riesce a fare a meno di inserire citazioni di libri in ogni frase che formula. Su un carrettino sono riposti il diario e le poesie di Sylvia Plath, le poesie di Caproni e quelle di Kavafis. Le uniche cose rimaste a Silvio.

Ad apertura sipario, lo troviamo solo in soggiorno che si confida con noi e ogni tanto richiama i figli dormienti che sono venuti a trovarlo per il suo compleanno e per la commemorazione della morte della loro madre. Dopo la calma iniziale, la casa si ripopola e la parola “papà” riecheggia adesso nella stanza, ogni volta tinta di diverse sfumature!

Maria è la figlia “pesante” della famiglia. La cadenza della parlata e la cura nell’atteggiamento del corpo trovati da Maria Laura Rondanini centrano a pieno l’aggettivo. È capace di parlare della stessa cosa per ore. Quando il fratello le fa notare che hanno trascorso l’intero viaggio verso casa parlando dell’inutilità degli optional di una nuova macchina in commercio, lei respinge le accuse e offesa riprende imperterrita la sua tesi. Mi ricorda mio padre che mi lancia un «sei proprio pallosa» e io che trasformo in tragedia una battuta.

Maria è anche la mia mamma che come una trottola vaga per la casa con asciugamani, lenzuola da stendere o stirare. Si lamenta del fatto che nessuno la aiuti o che per lo meno faccia finta di offrirle una mano. A lei basta una piccola parola di conforto, un grazie. Vuole che qualcuno riconosca quello che fa. Solo in questo modo riesce a esistere.

Riccardo, interpretato da Riccardo Goretti che come al solito si distingue per la spiccata ironia, è la pecora nera della famiglia. Viene visto come il nullafacente, un po’ come mia sorella che per i miei genitori ha preso la forma del divano e la pancetta da Gocciole. Lui mangia merendine, solo quando è in casa del padre però: dice di soffrire di ansia da prestazione figliale. Non si capisce bene quale sia la sua occupazione, non avendo un lavoro stabile.

Alice, interpretata da Redini, impeccabile nel ruolo dell’aspirante artista, si cimenta nello scrivere poesie ma le manca l’ispirazione. Quando le viene chiesto se ci siano progressi, lei legge poesie di autori famosi spacciandole per proprie. Peccato che il padre le conosca a memoria.

Roberto, fratello di Silvio, è un medico in pensione che a detta di tutti mostra segni di pazzia. È un personaggio eccentrico, palese dal momento in cui inizia a fare la telecronaca di una gara di formula uno e abbandona il palcoscenico in uno stato di euforia. Come già detto, vive citando filosofi e scrittori, mentre io a casa sorbisco, ahimè, da mio zio, frasi “gomorriane”.

Questi personaggi che gravitano intorno a Silvio, di cui non si sa fino alla fine se siano frutto della sua immaginazione – libera l’interpretazione del finale – creano, a detta del capofamiglia, una certa atmosfera di fastidio, che irrompe nella sua vita ormai equilibrata, solitaria, sedentaria, calma: tendente alla depressione, insomma. La vita di un uomo anziano che abbandonato a se stesso non è più in grado di reagire e si rifugia nell’immaginazione di uno scompiglio insopportabile portato dai figli pur di non razionalizzare che questi non sono lì presenti con lui. Ricordo mio nonno Mario negli ultimi periodi prima di morire, inventava le scuse più disparate per averli a casa, con lui. È questo dunque il soggetto dell’impersonale nel titolo dello spettacolo: che cosa si nota all’imbrunire? Ci si accorge della solitudine in cui si è nuotato, e si continua a farlo anche alla fine, per tutta la vita?

La conclusione ha un po’ l’effetto di molti monologhi scritti da Calamaro: i personaggi vomitano parole precisamente calibrate, durante la raffica ti sembra tutto chiaro, poi, con il silenzio, ti perdi.

Tra le risate di un Silvio che, non sapendo abbracciare, alza le braccia al cielo, quasi impietrito, e attende di essere cinto dalle braccia dei figli, o la commozione del monologo finale dedicato al ricordo dell’incontro della moglie, esci dal teatro con qualcosa di indefinito che si agita dentro di te. È accaduto anche con La vita ferma, della stessa autrice.

Saranno gli innumerevoli temi affrontati, da quello più evidente dell’abbandono degli anziani e l’incapacità di prendersene cura, alla solitudine che ne deriva, o il modo in cui si propongono allo spettatore, ma Lucia Calamaro «ti batte sul tempo» e annulla per un po’, la distanza che potresti sentire con il mondo. È questa la cifra che mi fa pensare che lei, per me, può rispecchiare una delle possibilità che F. Scott Fitzgerald affida alla letteratura: «That is part of the beauty of all literature. You discover that your longings are universal longings, that you’re not lonely and isolated from anyone. You belong»: Questa è una parte della bellezza della letteratura. Scopri che i tuoi pensieri sono universali, che non sei solo e escluso da tutti. Tu appartieni.

Virginia Cimmino

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