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Creature di confine_30 agosto-43

Sporchi di cenere tra le sponde dell’Isonzo

di Altre Velocità

Un racconto tra l’arcaico e il moderno. Un’indagine sull’uomo, i suoi riti e il suo rapporto con il fiume. Creature di confine. Isonzo è uno dei debutti della prima parte del festival In\Visible Cities diffuso tra Gorizia e Nova Gorica. La cornice dello spettacolo è il Parco Avventura Soča Fun Park, che sabato 30 e domenica 31 è diventato teatro di creature selvagge e storie da un’altra epoca. 

Questo lavoro permette allo spettatore di immergersi nel racconto con tre linguaggi diversi. In cuffia, l’audio documentario curato da Andrea Colbacchini, con le voci di chi studia e vive ogni anno i riti del pust, l’antico Carnevale delle Valli del Natisone e della Slovenia. Una festività ancestrale che segna il passaggio dall’inverno alla primavera, richiamata poi nella parte finale performativa curata dall’artista Roberto Zanini con le partecipanti del workshop SELVATICA. Dal laboratorio sono nate delle maschere ispirate alle tradizioni locali, utilizzando sottili rami, muschi, licheni, campanellini e tanto altro. Le partecipanti, anche soprannominate “le selvagge”, sono state coinvolte attivamente nella performance, animando le creature da loro stesse create e divenendo co-protagoniste della narrazione.

Nell’audio si racconta anche di un contatto diverso col fiume, quando l’uomo costruisce ponti e impone la sua volontà di controllo sulle piene. Gli antropologi e i filosofi intervistati per questo spettacolo, hanno cercato di mettere in prospettiva i fragili equilibri ecologici che connaturano l’esistenza dei fiumi, quella progressiva perdita non solo di sicurezza ambientale ma anche valoriale. Si racconta anche di un contatto diverso col fiume, quando l’uomo costruisce ponti e impone la sua volontà di controllo sulle piene. Gli antropologi e i filosofi intervistati per questo spettacolo hanno cercato di mettere in prospettiva i fragili equilibri ecologici che connaturano l’esistenza dei fiumi, quella progressiva perdita non solo di sicurezza ambientale ma anche valoriale. L’occhio dello spettatore si trova immerso sia nel paesaggio sia nelle immagini del fotografo Ruben Vuaran. Un racconto visivo che procede con la capitolazione dell’audio-racconto e dà la possibilità allo spettatore di inoltrarsi liberamente tra le pagine alzando di tanto in tanto lo sguardo sul fiume.

Ho vissuto lo spettacolo anche con altri occhi, quelli della guida traghettatrice. Con tre segni di cenere sulla faccia e procedendo lentamente, facevo partire le tracce in italiano assicurandomi che lo spettacolo orchestrato da Colbacchini procedesse secondo i ritmi prestabiliti. Non ero l’unica guida però: ad affiancarmi Alex, che gestiva le tracce in sloveno. L’altro grande punto di forza di questo lavoro è infatti la sua fruibilità in sloveno, coerente con un racconto che parla dell’Isonzo, nasce in Slovenia e muore in Italia. Si tratta inoltre di un progetto finanziato dall’Unione Europea GO!2025 del programma Interreg VI-A Italia-Slovenia. Oltre alla molteplicità dei linguaggi, ho trovato interessante che lo spettacolo coinvolgesse gli spettatori con ritmi diversi. Anche gli intermezzi musicali sono stati decisamente azzeccati: un po’ di rock, pezzi rappati e la techno finale che ha accompagnato la performance dei selvaggi. 

Nell’ultima replica le selvagge sono uscite in gruppo dal boschetto di fronte a noi. Una famigliola ignara di cosa stesse succedendo è capitata proprio davanti a loro: giuro di aver visto il terrore negli occhi di quelle piccole bambine con i codini! Scampanellando e tirando qualche scherzo, hanno ricondotto il pubblico (e anche qualche malcapitato ciclista) sino alla sponda del ponte, limite immaginario del loro mondo.
Creature di confine. Isonzo è un’esperienza che sfuma i margini tra chi guarda e chi agisce, tra memoria e presente, tra il fiume e l’uomo. Per poi ricondurti alla normalità, forse un po’ più selvaggio di prima.

Sabrina Bello 

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