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Il primo maggio del duemilaventi

di Nicola Borghesi

Questo testo è stato scritto per “Il volo del colibrì. Storie di immaginazione civica dalle case di Bologna”, maratona di musica, teatro, danza, cinema e conversazioni sul lavoro di artisti e professionisti dello spettacolo dal vivo, organizzata da Comune di Bologna e Fondazione Innovazione Urbana in diretta streaming.

L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Ecco, a me la costituzione piace molto, però io, su questo incipit, ho sempre avuto dei dubbi. Suona bene eh, non si può dire che non suoni bene. Però io, se penso al lavoro, la prima immagine che mi viene in mente sono le cornicette. Ve le ricordate le cornicette? Quelle che ti facevano fare alle elementari, dei motivi geometrici, regolari, tipo delle greche, che si ripetono per tutta una pagina identiche, che devono soprattutto essere ordinate, che io non ho mai capito a cosa servissero, le cornicette. Ricordo solo che dovevi star lì per delle ore a fare delle cornicette e dovevi farle ordinate. Io di pedagogia non sono esperto, ci dev’essere sicuramente un motivo per cui ti fanno fare le cornicette, ma a me è sempre sembrata una cosa brutta, ripetitiva, che qualcuno ti impone senza sapere bene perché. Ecco, io del lavoro ho un’immagine simile: una cosa brutta, ripetitiva, che non si sa bene perché la devi fare. Con la differenza che per il lavoro ti pagano, o almeno dovrebbero. Mentre per tutte le cornicette che ho fatto alle elementari io non ho mai visto un soldo (spero almeno mi abbiano versato i contributi).

Quindi col lavoro non partiamo benissimo, ecco. In più chiedono a me di dire qualcosa sul lavoro, per la festa dei lavoratori, in un momento in cui a quelli come me, se gli chiedi del lavoro, è un po’ difficile. Ora, a me nella “fase uno” hanno dato dei soldi per non fare niente. Personalmente non ne posso dir male, dal punto di vista del lavoro, di questa fase uno. Ora invece comincia la “fase due”, che è la fase in cui alcuni (non io) possono tornare a lavorare. Io penso che sia troppo presto, un po’ perché mi pare che con questa storia del coronavirus non siamo messi molto bene, un po’ perché per ricominciare a lavorare è sempre troppo presto. Torneranno a lavorare solo quelli davvero utili a far ripartire l’economia che, secondo Carlo Marx, è quella cosa per cui i proprietari dei mezzi di produzione si scambiano il lavoro salariato degli esseri umani, delle cornicette che ciascuno fa. La fase due sarà quella in cui si esce solo per scambiare delle merci e per produrre le merci da scambiare. Fine. Per quello che ho capito, la fase due è la fase in cui c’è solo il lavoro e nient’altro di inutile. Tipo me. La fase due, insomma, è davvero una merda, l’apoteosi del produci, consuma, crepa. E in questo momento, tra le tre cose, io ne posso fare solo una e anche quella, preferirei di no.

Ho sentito un altro che fa il mio mestiere, che però penso lo paghino più di me, che ha detto che noi non siamo inutili, che siamo anzi molto utili e poi che bisogna ripartire “con un occhio alla bellezza”. Ecco io, oggi, nel giorno della festa dei lavoratori, vorrei dire l’esatto contrario. Che io sono inutile, sono inutile alla fase due, lo rivendico, è il mio punto di forza, ne sono orgoglioso e inviterei gli altri lavoratori a rivendicare la possibilità di essere inutili anche loro, il più a lungo possibile, e se è impossibile nel sistema dato, di chiedere che si cambi sistema, ché essere utili significa essere utili alla fase due, perché la fase due è la rappresentazione più onesta e sintetica della vita per come è sempre. Il nudo scambio di valore. Che prima della fase due e anche della fase uno era uguale, ma con più decorazioni. E tanto spesso noi artisti abbiamo rischiato di essere le decorazioni della fase zero. E infine direi che non bisogna ripartire con un occhio alla bellezza. Sarebbe meglio ripartire con un occhio all’orrore. Forse noi artisti dovremmo occuparci di guardare l’orrore anche per chi non vuole guardarlo. L’orrore dei morti per i tagli alla sanità, l’orrore dell’ambiente tossico in cui è avvenuto il salto di specie, l’orrore della vita come semplice rapporto economico che è il punto primo del capitalismo.

Quindi buona fase due a tutti, con le orecchie tese a come è la vita nella nudità del capitalismo, solo scambio economico senza orpelli di sorta, senza attori, registi, musicisti, gente che perde tempo a parlare e bere delle birre rovinando il sonno ai residenti, senza studenti che limonano ubriachi o ballano o parlano di Pasolini, senza sensualità, senza promesse di felicità. Solo nudo lavoro. Solo cornicette. Solo orrore. Buon primo maggio del duemilaventi che è solo la festa del lavoro, quest’anno. Non dei lavoratori.

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