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(foto di Massimiliano Mascagni)
(foto di Massimiliano Mascagni)

Il mondo e una goccia d’acqua. Giornata di studi a Follonica per Eugenio Allegri

di Nella Califano

Il 26 maggio a Follonica, presso gli spazi del Teatro Fonderia Leopolda si è tenuta una giornata di studi dal titolo Lo spazio del possibile. Eugenio Allegri e il teatro come politica culturale dei territori, moderata da Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino. Eugenio Allegri è stato il primo direttore artistico del teatro Fonderia Leopolda, che dal 2015, sotto la sua guida, si è aperto alla città dialogando con le realtà del territorio per creare una rete forte in grado di far rivivere il teatro (che prima di quel momento mancava da 25 anni). Il lavoro di Allegri è spiccatamente politico, nel senso che è frutto di una visione non solo artistica, ma che trova senso e compimento nello spazio della comunità. Il teatro, scrive, è da intendersi come «luogo della mente».

Eugenio Allegri è scomparso nel maggio del 2022 e questa giornata è stata dedicata a lui, non solo in quanto attore, regista e formatore teatrale, ma soprattutto in quanto promotore di una riflessione profonda sulla cultura e sull’intreccio «tra l’attività di un teatro e la politica culturale di un territorio o di una città», che secondo Allegri potrebbe essere in grado di «determinare il destino dell’intera nazione». Queste sue parole sono tratte da uno scritto intitolato Riflessioni circa il ruolo presente e futuro di un teatro comunale in Italia, pubblicato a cura del Teatro Fonderia Leopolda nel novembre del 2022. È il suo ultimo scritto, una riflessione politica sul ruolo e il valore della cultura nata dal desiderio di «riattivare ed eventualmente condividere una coscienza politica e sociale che induca a cercare nuove occasioni per più approfonditi scambi di visioni, di opinioni, di idee, di pensiero esercitati quale pratica permanente del tentativo di rifondare un’etica democratica quale atto d’amore verso il teatro, quale fase cruciale della “Nuova Resistenza” non armata». Obiettivo di questa giornata di studi è stato proprio quello di aprire un dialogo a partire dalle suggestioni del suo ultimo testo, per questo sono state raccontate alcune tra le più significative modalità di gestione di teatri comunali sul territorio nazionale e si è cercato di riflettere sul ruolo del teatro anche in contesti più marginali e quindi bisognosi di progetti capaci di rilanciare lo sviluppo culturale.

Si tratta non solo di temi che stavano a cuore a Eugenio Allegri ma dei pilastri stessi sui quali si poggia tutto il lavoro portato avanti al Teatro Fonderia Leopolda, un lavoro che, come si diceva, coinvolge profondamente il territorio e le istituzioni, tra cui la scuola. Non sono infatti mancate nel corso della giornata di studi le testimonianze di allievi, docenti e dirigenti scolastiche che hanno ricordato la delicatezza di Allegri nell’approcciarsi alle esigenze dei ragazzi e delle ragazze, la sua capacità di mettersi in ascolto per costruire percorsi insieme a patto di non rinunciare mai a “bellezza e qualità”, le riflessioni su come educare le nuove generazioni alla fruizione del teatro. Si è parlato molto anche di Fila Q, un progetto editoriale che ha contribuito a generare nei giovani partecipanti un’idea del teatro molto diversa da quella che avevano prima di conoscerlo da vicino attraverso interviste agli artisti, visione di spettacoli, incontri di approfondimento.

Allegri non era solo in questa avventura, aveva molti compagni di viaggio e ne cercava altri, anche per quella sua idea di doversi continuamente confrontare per “vedersi da fuori” e “non cadere nell’autoreferenzialità”, come è stato ricordato da molti di coloro che hanno portato il loro contributo alla giornata. Non è un caso se quando Allegri vide per caso in un teatro della periferia toscana Cenerentola di Zaches Teatro scrisse subito alla compagnia. Non lo fece solo per condividere le sue riflessioni sullo spettacolo, ma anche per proporre a quelli che aveva riconosciuto come dei giovani talentuosi di costruire percorsi artistici insieme. Non ne hanno avuto il tempo, ma la compagnia Zaches Teatro ha vinto un bando triennale indetto dal comune di Follonica e si sta occupando della relazione con la scuola e il territorio, delle stagioni teatrali per l’infanzia e dei progetti speciali, in perfetta armonia con la visione di Eugenio Allegri, con quella necessità di fare “militanza culturale” e di “far nascere una ribellione intima”, come afferma Luana Gramegna di Zaches Teatro.

(foto di Massimiliano Mascagni)

La giornata di studi, come per celebrare quella casualità che ha portato gli Zaches e Allegri a incontrarsi e in sintonia con Ad Arte e Spettacoli s.r.l., soggetto gestore del Teatro Fonderia Leopolda, è stata preceduta da una serata dedicata alla visione di Cenerentola, anche con l’intento di devolvere tutto l’incasso della serata al crowdfunding destinato alla nascita dell’Archivio Eugenio Allegri.

Cenerentola della compagnia Zaches Teatro è l’ultimo tassello della Trilogia della Fiaba, insieme a Pinocchio e Cappuccetto Rosso e come nel caso degli altri due spettacoli si pone l’obiettivo di recuperare e indagare le fiabe tradizionali lasciandone riemergere tutte le peculiarità che nel tempo si sono perse fino a rendere questi racconti innocui, a discapito del loro potenziale incandescente. Gli Zaches prediligono infatti atmosfere poco rassicuranti giocando con la penombra, con la presenza costante del fumo, che sembra confondere i contorni di sogno e realtà, con la scelta di interni realistici, ma allo stesso tempo simbolici, con l’utilizzo di maschere e pupazzi dall’effetto straniante e grottesco e della musica avvolgente che può apparire talvolta sinistra e infine con la scelta di coreografie costruite con movimenti spigolosi e poco fluidi.

Lo studio per Cenerentola si è basato da una parte su alcune delle versioni orali più antiche e dall’altra sulle versioni letterarie dei fratelli Grimm e de La Gatta Cenerentola di Basile. La presenza di quest’ultima è molto visibile anche nell’utilizzo di tre personaggi con spiccato accento napoletano, la lingua utilizzata dal Basile, che regalano nel corso di tutto lo spettacolo buffi siparietti godibilissimi e molto ben congegnati. La forza di questa Cenerentola sta soprattutto nell’impatto visivo: nella bellezza scenografica, nella delicatezza della danza, nell’utilizzo sapiente degli oggetti e nella volontà di andare oltre la fiaba che tutti conosciamo, pur correndo il rischio di ottenere una storia frammentata, ma forse con maggiori possibilità di lettura. La visione di Cenerentola è avvenuta subito dopo una visita, guidata dall’assessora alla cultura del Comune di Follonica Barbara Catalani, presso gli spazi rigenerati dell’area dell’ex Ilva. Ci sono stati mostrati i luoghi in cui si lavorava a stretto contatto con il fuoco, tra fuliggine e scintille incandescenti. Chissà se sarà ancora un caso se lo spettacolo Cenerentola si sia aperto con la visione di un enorme focolare circondato dal carbone, che ricopre tutto, perfino la protagonista.

Cenerentola risorge letteralmente dalle ceneri come una piccola fenice trovando il suo riscatto nella vita dopo anni di solitudine e abbandono, esattamente come rinascono questi spazi che, rigenerati, sono diventati il polo culturale di una città. Tutto sembra tornare, dunque. Eugenio Allegri nel suo libretto ricorda la frase di un suo grande riferimento artistico, il pedagogo teatrale francese Jacques Lecoq: «…andare in fondo a una cosa permette di scoprire che essa contiene tutto. Trascorri la vita in una goccia d’acqua e vedi il mondo». Dal piccolo al grande. Sembra ricordarcelo anche Cenerentola, che infine sbuca, enorme, finalmente in forma umana, da un vecchio focolare diventato ormai minuscolo e innocuo.

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