Che cos’è un classico? Domanda inesaudibile: il classico è nell’antologia, nella tradizione, nella pratica artistica, il classico risiede, in particolare, nella non finitezza. Ciò che è perfetto, compiuto in sé, non lascia spazio per aggiunte, per pur piccoli complementi futuri. Un classico deve, invece, avere gli spigoli sbeccati, essere un mosaico solo abbozzato in modo da contenere le suggestioni dei secoli a venire: così è Antigone, un conflitto assoluto in grado di attraversare luoghi e epoche.
Antigone torna oggi sulla scena spoglia della compagnia PuntoZero, un parallelepipedo inclinato con cui e su cui i ragazzi dell’IPM Cesare Beccaria di Milano danno luogo a una moderna catarsi. La compagnia è composta da una decina di giovani attori non professionisti eccetto Lisa Manzoni, fondatrice dell’associazione insieme al regista Giuseppe Scutellà, a intepretare Creonte. Dal 1995 PuntoZero produce spettacoli all’interno del carcere minorile Beccaria, dove da una decina di anni è stata allestita una sala teatrale aperta alla cittadinanza intera: lo scopo artistico si unisce qui con la volontà di aprire un varco tra la comunità urbana e quella penitenziaria, abbattere lo stigma sociale facendo fiorire nuove passioni nei giovani detenuti.
Antigone è uno spettacolo filologicamente perfetto: testo integrale in traduzione, pochi attori che vestono ruoli diversi, il palco vuoto e un coro di non professionisti, come nella tragedia classica, che canta, declama e danza. Il farsi coro della compagnia avviene sotto i nostri occhi: abbiamo il privilegio di assistere ad un prologo sui generis, attori e studenti dell’Università di Bologna uniti in un’esperienza di liberazione sensoriale che chiamano Khorós. La rappresentazione al DAMSLab è preceduta da un training fisico che va oltre il semplice riscaldamento corporeo e vocale: gli attori si osservano agire, abbandonare la rigidità del proprio essere quotidiano e abbracciare una nuova dinamica, collettiva. Urla, rumori, salti, allungano il corpo a ritmo di musica e si fanno un tutto: salgono e scendono dal palco, dando prima visibilità a uno e poi all’altro, fondendo le proprie energie e liberando il desiderio di collettività per lungo tempo coltivato.
Khorós è un rito che trasforma l’azione quotidiana in bellezza e come prologo all’Antigone non potrebbe esser più appropriato. A seguire, gli studenti si siedono e lasciano il palco in mano alla compagnia: entra la protagonista in cerca della sorella e la tragedia ha inizio.
Come suddetto, il testo sofocleo è seguito pedissequamente, solo nell’uso del coro notiamo uno sbizzarrirsi di forme e metodi coerenti con la scena contemporanea: la sonorità del palco è usata al posto dei tamburi dionisiaci, nella prima azione collettiva gli attori si mettono in fila ai lati della scena declamando i versi a ritmo di colpi battuti sul palco. In altri momenti il coro si ridurrà di numero per favorire un’azione cantata alle voci più promettenti del gruppo, in altri luoghi esisterà un corifeo, altri versi ancora saranno urlati da ognuno dei presenti. Si spinge il pedale, dove possibile, sull’ironia latente del testo classico che vede i vecchi tebani fare da spola tra l’affetto per Antigone e il terrore pusillanime verso Creonte: abbiamo la fortuna di notare i volti impauriti, sconvolti e doppi degli attori del coro, affacciati costantemente, come dei gufi del malaugurio, ai bordi del palco rialzato. Vogliono ascoltare cosa ha da dire il loro sovrano, riferire altrui e commentare la disfatta di una casata maledetta: sono la voce del popolo e, al contempo, il suo orecchio.
L’ultima domanda che ci possiamo porre è: perchè Antigone e perchè in questa purezza di restituzione? Antigone è la ribelle per eccellenza, colei che ha rigettato le leggi dello Stato per seguire le proprie, quelle del génos. La sua ostinazione la conduce alla prigionia, alla condanna: ecco il ponte con la compagnia. Sul palco si muovono ragazzi che stanno scontando una pena, stanno riscoprendo delle prospettive prima blindate nella loro vita e stanno canalizzando la ribellione in altre forme, in arte. Si poteva forse per questa Antigone scrivere un futuro diverso? Probabilmente sì, se questo metaforico ponte millenario si fosse realmente saldato allora alla giovane Labdacida sarebbe toccata una fine diversa,o meglio, non le sarebbe toccata una fine.
Un classico può essere ribaltato, spezzettato e ricomposto: un classico deve, per rianimare l’energia con cui era stato originariamente creato, rinunciare alle sue origini e scovare nuove cornici. Come quando si restaura un quadro: si riempiono le lacune, si aggiustano i profili per restituire l’armonia dell’opera, ma si pone, a sostegno del tutto, una nuova tela sul retro per rinforzare il supporto originale, una nuova tela, contemporanea. Forse questa tela è venuta a mancare.
L'autore
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Laureata in Lettere Classiche all' università di Bologna, ritrova la sua passione per il teatro dall' altro lato del sipario. Attualmente studentessa di Italianistica con all'attivo una tesi sulla drammaturgia italiana riletta secondo la critica transfemminista.